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La protesta contro la didattica a distanza coinvolge anche Roddi

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RODDI Le cartelle sono appoggiate in fila davanti all’ingresso chiuso della scuola elementare Elsa Malferrari di Roddi. Gli striscioni riportano frasi del tipo “La voglia di tornare a scuola è contagiosa” oppure “La scuola non è un virus”. A organizzare la protesta contro la didattica a distanza è un gruppo autonomo di genitori, per i quali con la Dad «c’è da impazzire, data la difficoltà a gestire bambini così piccoli davanti al computer» racconta Sabrina, una delle madri organizzatrici di quello che è stato uno sciopero della didattica. Già, perché almeno 30 dei 60 bambini della scuola non si sono collegati alle lezioni, in segno di protesta. E alla protesta c’erano anche loro, i bambini: «La Dad non ci piace», dicono in coro. Molti di loro stanno frequentando la quinta elementare e sono preoccupati per il passaggio alle medie.

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Su tutti c’è un cartellone che cattura l’attenzione e che con il suo slogan sintetizza alla perfezione il senso di questa manifestazione: “Dad = Dimenticati a distanza”. È così che si sentono i bambini e, con loro, i genitori degli alunni. «Sia chiaro: non siamo contro la scuola, non siamo contro gli insegnanti – che, anzi, ringraziamo per lo sforzo enorme che stanno compiendo – noi siamo contro la chiusura delle scuole e con l’approccio della didattica a distanza. Non è la soluzione: se il problema sono i trasporti, attiviamoci su quelli; se lo è la mensa, risolviamo in altro modo», spiega Roberta, un’altra mamma organizzatrice. «Vacciniamo gli insegnanti e poi teniamo chiuse le scuole. Che poi questi bambini da qualche parte devono stare, quindi se non stanno a casa vanno dai nonni o magari finisce che vedono qualche amichetto. Continuiamo a non avere soluzioni e intanto anche il secondo anno di scuola è andato».

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Quali possono essere le soluzioni? I genitori provano a dare qualche spunto: costruire risposte contestualizzate, prima di tutto, in base al numero di contagi e alle dimensioni del plesso, alternando le classi e poi – forse la più attualizzabile di tutte con l’avvento della bella stagione – la didattica outdoor, la scuola all’aperto. «Se la dirigenza inviasse la richiesta di fare attività all’aperto, sono sicura che non vi sarebbero particolari ostacoli da parte del Comune», conferma Francesca Zoccola, vicesindaco del comune di Roddi e anche lei promotrice dello sciopero della didattica.

Anche il sindaco Lorenzo Proglio, in seguito allo sciopero della didattica, ha confermato che se la dirigenza della scuola proponesse attività di didattica outdoor queste verrebbero accettate.

Insomma, di accordi se ne possono trovare tanti, ancora più nelle scuole di paese. Serve volontà politica e apertura al cambiamento che la situazione pandemica ci sta richiedendo. Però bisogna fare in fretta, perché i bambini stanno patendo. Come ci conferma Silvia: I ragazzi sono stressati e hanno sviluppato molta rabbia dentro. Va bene la didattica, ma non dimentichiamo che prima di tutto questi giovani stanno perdendo la relazione e l’interazione tra coetanei. Conosco adolescenti che non vogliono più uscire di casa, perché assuefatti alla solitudine davanti al Pc, hanno perso gli stimoli. Questo approccio ha scavato un vuoto emozionale enorme». Rischio sul quale anche Chiara pone l’accento: «I bambini esistono in classe solamente se aprono il microfono: questo, infatti, è il solo modo di comunicare che gli è rimasto. Tanti non intervengono durante la lezione ma si limitano passivamente ad annuire. Non sentono più lo sguardo dei maestri addosso, si sentono soli e, di conseguenza, dimenticati».

Maurizio Bongioanni

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