Franco Battiato, pittore del Palio degli asini del 2010

Franco Battiato, pittore del Palio degli asini del 2010 1

Nel 2010 Franco Battiato, morto ieri (18 maggio) mattina, dipinse il Palio degli asini di Alba. Riprendiamo l’articolo pubblicato da Gazzetta d’Alba sullo speciale Fiera del tartufo di quell’anno. L’artista presenziò all’inaugurazione della mostra di sue opere ospitate nella chiesa di San Domenico.

Franco Battiato, pittore del Palio degli asini del 2010 

Inoltre Franco Battiato aprì la rassegna Santità sconosciuta con un concerto al Teatro sociale di Alba il 22 settembre 2012. Le foto si riferiscono a quella serata.

ALBA A considerare la quantità di casi illustri, sembra davvero che la pittura sia il secondo mestiere naturale di molti artisti della musica pop (e non solo). Una recente mostra curata ad Asti da Massimo Cotto, e intitolata suggestivamente In my secret life, ha riunito i contributi di un centinaio di musicisti contemporanei, italiani e stranieri. In alcuni casi, si tratta di «vite segrete» discretamente note al pubblico, e da tempo. Le vicende pittoriche di autori come Bob Dylan o Leonard Cohen (dal quale Cotto ha preso in prestito il suo titolo), di Paolo Conte o Franco Battiato rappresentano una dimensione familiare ai loro ascoltatori più appassionati, e niente affatto marginale.

Dal momento che sono gli stessi autori a prendere sul serio ciò che fanno (per il valore che attribuiscono alla pratica del dipingere, non per la reputazione del loro nome), conviene considerare queste esperienze non come un espediente commerciale né l’appagamento di un vizio, piuttosto un luogo diverso della loro poetica. Nel caso dei nomi che abbiamo citato poco sopra, si tratta senz’altro di autori consapevoli, originali, con una storia e un’identità artistica spiccate; i temi e gli interessi che rintracciamo nelle loro composizioni – anche solo “limitandoci” alla canzone, una forma praticata da tutti e quattro molto diversamente – non sono certamente lontani da quanto esprimono nei loro dipinti o disegni.

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Il Palio del 2010 dipinto da Franco Battiato

Così, il fedele cultore di Franco Battiato (che è musicista, cantautore, pittore, regista di cinema) non si sorprenderà – e anzi si compiacerà – di fronte alla selezione di dipinti che quest’anno la Fiera del tartufo di Alba ha voluto ospitare nell’ambito delle sue manifestazioni, attribuendo all’artista catanese il titolo di “Pittore del Palio” 2010. Chi possiede i suoi dischi avrà subito in mente alcune delle copertine che li hanno accompagnati nel tempo, firmate da un pittore di nome Süphan Barzani. Così Battiato si presenta nella sua identità di pittore, a partire da Come un cammello in una grondaia, l’album del 1991 che si apriva con Povera Patria, famosa canzone di protesta civile: una protesta individuale, lucida e seria, condivisa da molti e purtroppo mai scaduta. L’immagine paradossale del cammello nella grondaia – una dichiarazione di inadeguatezza e di alterità, di mancata integrazione in uno scenario pubblico prosaico e materialistico – si ricollegava in copertina a un cammello in viaggio nel deserto: niente di strano, per chi associa Franco Battiato, da sempre, a un’idea di Medio Oriente che per molti di noi rimane stereotipo turistico (o peggio), ma che anche attraverso la sua musica potrebbe diventare una conoscenza più meditata e matura.

Scelte artistiche personali e autonome

Battiato studia, legge, suona coltivando un suo gusto per le culture classiche più svariate, frequentando liberamente testi antichi e persone viventi in cui intravede un percorso originale e fuori dal consueto: ed è riuscito a trasmettere a chi ascolta le sensazioni di questa sua ricerca in maniera seria e divertente insieme. Franco Battiato ha sempre compiuto scelte artistiche personali, autonome, senza subire condizionamenti di mode o tendenze – anzi, creando la sua propria «tendenza Battiato», abituando il pubblico ad aspettarsi ogni volta qualcosa di interessante e non banale. È stato il caso, ad esempio, di Gilgamesh, l’opera lirica composta (musica e libretto) e messa in scena nel 1992: ancora una volta nutrita di riferimenti e narrazioni derivati dalla cultura mediorientale, ha prodotto anche un disco, sulla cui copertina campeggia il ritratto di un uomo dalla barba candida e il volto affilato, in atteggiamento di calma e preghiera. Ritratti di questo genere, solenni e pacifici, in forma di icona (a volte su fondo dorato, proprio come tradizione), sono diventati una costante nel lavoro pittorico di Battiato, insieme alla raffigurazione di oggetti e animali: se ne può prendere visione sul suo sito Internet (www.battiato.it), nella galleria che mostra figure maschili o femminili, di sacerdoti, anziani, principesse, e anche una tavola che illustra una storia, disponendo su tre livelli un angelo che appare a un uomo in preghiera su un tappeto. I modelli – se ne parla qui da assoluti profani, da “turisti”, appunto – sono evidentemente da ricercare nell’iconografia religiosa, nella tradizione araba o forse, chissà, nell’arte gotica. Quello che conta, esperti o avventizi che siamo, è l’attenzione dell’autore alla preziosità della dimensione spirituale dell’uomo (come sa chi frequenta la sua opera musicale), e quindi ai segni che se ne possono rintracciare nel mondo: gli occhi  chiusi di un vecchio o il piumaggio di un uccello sul ramo. Battiato è sempre riuscito a fare discorsi “seri”, a parlare di etica individuale e morale pubblica nella nostra società (quella dei “consumi” e della “massa”), di scelte esistenziali e opzioni trascendenti, senza suonare noioso, ricoprendoli a volte di ritmiche e suoni pop, techno, dance (quelli del nostro tempo), che li fanno arrivare irresistibilmente alle orecchie. Ultimo esempio, in ordine di tempo, di questa speciale calibratura è la canzone Inneres Auge, del 2009: «La linea orizzontale / ci spinge verso la materia / quella verticale / verso lo spirito », è un ritornello che resta impresso immediatamente, sembra facilefacile, ma a pensarci su non si esaurisce poi così in fretta.

La “pittoricità” nelle canzoni

E la pittoricità – o almeno, una certa propensione a procedere per immagini – è da sempre presente nelle sue canzoni, che si tratti di cogliere con gusto descrittivo istantanee cariche di sentimento, o che invece si evochino concetti astratti o filosofici, resi con la similitudine o la metafora. Se riandiamo a uno dei suoi vecchi successi, Centro di gravità permanente (dal disco record La voce del padrone, Emi 1981), ecco come si svolge una delle strofe: «Una vecchia bretone / con un cappello e un ombrello / di carta di riso e canna di bambù / Capitani coraggiosi / furbi contrabbandieri macedoni / Gesuiti euclidei / vestiti come dei bonzi / per entrare a corte degli imperatori / della dinastia dei Ming…». Oppure, da Secondo imbrunire (nell’album Fisiognomica, Emi, 1988): «Cortili e pozzi antichi tra i melograni / chiese in stile normanno / e una vecchia / caserma dei carabinieri…»; o da Veni l’autunnu (in siciliano, nello stesso disco): «Sparunu i bummi / supra a Nunziata / ’n cielu fochi di culuri / ’n terra aria bruciata / e tutti appressu o santu / ’nda vanedda…». Una delle prime canzoni pop, Strade dell’Est (nell’album L’era del cinghiale bianco, Emi, 1979) era già un vero e proprio catalogo di persone e luoghi, reali o mitizzati: mercanti indiani, turchi, iracheni, «città nascoste di lingua persiana», principesse «chiuse in castelli per troppa bellezza», «giardini stupendi», «vecchi curdi che da mille anni offrono il petto a novene».

La resa visiva delle idee

L’altro versante è appunto la resa visiva di idee: dall’«oceano di silenzio», ai «miseri ruscelli senza fonte », fino a «l’ombra della luce », un’idea ineffabile, non raffigurabile, eppure di un’evidenza notevolissima. E in uno degli ultimi lavori (per noi tra i più belli di sempre), Il vuoto (Universal, 2007), c’è la canzone Niente è come sembra (scritta con Manlio Sgalambro), che contiene questa immagine fortissima: «Dal balcone ammiravo il vuoto / che ogni tanto un passante riempiva… / è stato solo un presentimento / ti voglio ricordare che / niente è come sembra / niente è come appare / perché niente è reale».

Oggi Süphan Barzani, artista indoitaliano o siculopersiano, dopo aver dipinto per gli album di Franco Battiato Fleurs (edito da Universal nel 1999) e Ferro battuto (Sony, 2001), è ricomparso nel progetto di ConFusione (Universal, 2010), una rilettura (per «disidratazione») di nove brani dei Pgr, musicisti e autori che in Battiato hanno sempre trovato un punto di riferimento. Tanto da guadagnarsi una bellissima tigre, maestosa e ipnotica, in copertina.

Edoardo Borra

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