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Prologo dedicato a padre Dall’Oglio per “Sotto la tenda di Abramo”

L'incontro ha avuto luogo ieri sera al teatro Giorgio Busca. La mostra inaugurerà domani, sabato 29 maggio, nel palazzo Banca d'Alba

Prologo dedicato a padre Dall'Oglio per "Sotto la tenda di Abramo"

FOTOGRAFIA La mostra “Sotto la tenda di Abramo” del fotografo albese Ivo Saglietti ieri sera ha avuto un prologo al teatro Giorgio Busca con la conversazione dedicata a “Padre Paolo Dall’Oglio e l’utopia di un dialogo impossibile. Dieci anni di conflitto in Siria”. Sono intervenuti: Pietro Del Re, giornalista, inviato speciale in Siria di Repubblica; Gianni Piccinelli, docente di diritto islamico e membro dell’associazione Amici di Deir Mar Musa, che ha fatto un ritratto di Paolo Dall’Oglio, il gesuita fondatore della comunità monastica, rapito dai terroristi islamici nel 2013; Fulvio Scaglione, già vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di temi siriani, ha parlato degli inizi del conflitto. Nell’incontro, moderato da Denis Curti, Saglietti ha illustrato l’utopia pacifista voluta da padre Paolo Dall’Oglio e dal monastero.

La mostra fotografica “Sotto la tenda di Abramo” sarà realizzata nello spazio mostre Banca d’Alba in via Cavour 4 con un allestimento curato dalla fondazione Ferrero con Danilo Manassero e l’associazione Alec: il primo giorno di apertura sarà sabato 29 maggio dalle 15 alle 19. Resterà visitabile fino alla fine di giugno, il venerdì e il sabato dalle 15 alle 19; la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.

«Il monastero di padre Dall’Oglio è diventato un luogo di ospitalità, incontro e dialogo tra le religioni»

«È diventato un luogo di ospitalità, incontro e dialogo tra le religioni. Viene condivisa un’idea di pace, la possibilità di convivenza tra cristiani e musulmani»: così Ivo Saglietti descrisse a Gazzetta il monastero di padre Dall’Oglio a settembre, in occasione della prima presentazione della mostra, poi rinviata per la pandemia. Saglietti fu ospite dell’eremo più volte tra il 2002 e il 2004, documentando con il suo inconfondibile stile in bianco e nero la vita della comunità. «Nessuna foto è stata costruita, ho mai chiesto a nessuno di mettersi in posa. Mi sono sentito sempre molto libero nel mio lavoro e c’è sempre stata una bella sintonia tra me e gli ospiti del monastero, ero diventato uno di loro e mi sono mai sentito un estraneo».

p.r.

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