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Letteratura. Il formidabile reale d’ambiente albese nei romanzi di Asola

Arriva in libreria Zuruni, il nuovo romanzo di Teresio Asola 1
L'autore Teresio Asola

L’INTERVISTA Teresio Asola è nato ad Alba nel 1960. Laureato in lingue ha tre figli. Otto i romanzi pubblicati: l’ultimo, Zuruni, è appena uscito per Nerosubianco. Il libro parla di Vanni, un ragazzo albese che a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 viaggia per l’Europa.

Arriva in libreria Zuruni, il nuovo romanzo di Teresio Asola
Arriva in libreria Zuruni, il nuovo romanzo di Teresio Asola

A chi si è ispirato per creare il personaggio?

«Come accaduto per altri miei romanzi mi sono ispirato alla vita: nulla è più fantasioso e formidabile del reale. Caratteristiche e modi d’essere dei personaggi appartengono in prima istanza a persone a me vicine, quando non addirittura a me stesso, benché poi l’invenzione narrativa intervenga nella trasformazione da persona a personaggio. In Vanni c’è molto di me, giovane. Come Vanni quarant’anni fa ero studente universitario a Torino, volontario in una comunità alloggio per bambini tra il 1979 e il 1980, e nel contempo desideroso di vedere il mondo, in attesa del servizio civile. Il dialogo scoppiettante tra Vanni e i genitori, ad Alba, quando li informa di volersi dichiarare obiettore di coscienza assomiglia molto a quanto successe tra me e i miei. Tuttavia non è un’autobiografia. I personaggi di un romanzo possono assomigliare a persone reali che abbiamo incontrato e conosciuto, ma apparterranno sempre al mondo dell’invenzione».

Perché scrivere di viaggi e incontri in un periodo in cui i viaggi e gli incontri non sono stati possibili?

«La pubblicazione dei miei romanzi è sempre distante nel tempo dalla scrittura. Anni, perlopiù. Non che sia lento, ma il processo di scrittura non è banale, soprattutto per chi come me si affida alla vita vera per ottenere ispirazione e personaggi – verso i quali sento di dover nutrire rispetto. Avevo cominciato a scrivere Zuruni almeno cinque anni fa. Poi l’avevo lasciato decantare nel computer, salvo riprenderlo di tanto in tanto per le revisioni. Nel periodo del Covid-19, poi, quando il desiderio di ripartire si è fatto forte, ho ripreso il testo e l’ho consegnato: era giunto il momento che il nuovo viaggio potesse vedere la luce».

Come ha vissuto questo periodo di pandemia?

«Ho tradotto dall’inglese cinque romanzi, intrattenendo rapporti epistolari con gli autori: l’irlandese Aidan Thomas e l’inglese-berlinese Ben Fergusson in particolare. Ho anche riveduto e corretto il mio Volevo vedere l’Africa, che ho arricchito di documentazione nuova rendendolo pronto per un’eventuale ristampa. Ho tradotto il libro in inglese per dare seguito al desiderio di mio padre di essere un giorno riconosciuto da qualche vecchio combattente del fronte opposto. Ho poi approfittato per riporre mano a testi liberamente ispirati ai “nostri” posti, Alba soprattutto, e a persone conosciute, benché rimodellati dall’invenzione narrativa e con rispetto».

Quali sono i suoi programmi per il futuro?

«Entro l’anno uscirà il mio nono romanzo con l’editore Araba Fenice. Altri progetti sono in esame: impossibile smettere di scrivere».

m.v.

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