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Scandalizzati dalla normalità, cerchiamo l’esotico

Scandalizzati dalla normalità, cerchiamo l’esotico
Gesù nella sinagoga, particolare da una miniatura inglese del XIV secolo, Londra, British Museum.

PENSIERO PER DOMENICA – XIV TEMPO ORDINARIO – 4 LUGLIO 2021

Chi annuncia il Vangelo, al pari di ogni educatore o di ogni genitore alle prese con la crescita dei figli, deve mettere in conto di incontrare momenti di difficoltà. Le letture di questa domenica ce ne offrono un campionario: il problematico annuncio di Ezechiele agli esiliati a Babilonia (2,2-5), il rifiuto supponente di Gesù da parte dei suoi compaesani (Mc 6,1-6) e la misteriosa sofferenza di cui Paolo si lamenta di fronte al Signore (2Cor 12,7-10).

Scandalizzati dalla normalità, cerchiamo l’esotico
Gesù nella sinagoga, particolare da una miniatura inglese del XIV secolo, Londra, British Museum.

«Perché continuare a credere in un Dio che ci ha abbandonati?»: era la domanda a cui Ezechiele, esule a Babilonia, doveva in qualche modo rispondere, per tenere viva la fede del suo popolo in esilio. L’indicazione che riceve è di non scoraggiarsi, nemmeno di fronte a gente “ribelle”. Proprio la sua costanza sarà il segno che Dio non ha abbandonato il suo popolo, un invito alla speranza. È uno stile di annuncio che possiamo ritrovare anche oggi, ai massimi livelli nel pontificato di papa Francesco, ma in contesti più nascosti e feriali, in tanti vescovi, preti, catechisti, animatori, genitori. Con la loro parola Dio si fa vicino a noi e continua a guidarci.

«Cosa può venire di buono da Nazaret?». La domanda di Natanaele, che leggiamo nel Vangelo di Giovanni (1,46) fotografa l’atteggiamento autolesionistico dei compaesani di Gesù, quando ritorna al paese natale e comincia a parlare nella sinagoga. Come loro, anche noi spesso siamo diffidenti nei confronti delle persone che ci sono più vicine, che conosciamo meglio. Cerchiamo il forestiero, l’esotico, preferiamo chi sembra promettere chissà quale novità e snobbiamo chi ha tratti familiari: ci sembra che Dio non possa farsi vicino a noi e parlarci tramite persone comuni. L’ordinarietà non è facile da accettare; qualche volta scandalizza, nel senso che ostacola il cammino di fede.

San Paolo confida ai Corinzi una sua difficoltà: cita una misteriosa “spina nella carne”, una sofferenza nel suo cammino di apostolo, ma soprattutto la parola rassicurante del Signore: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza». La sua conclusione – «Quando sono debole, è allora che sono forte» – è tanto rassicurante quanto difficile da reggere concretamente. La sofferenza fa sempre problema: nessuna poesia! Ce lo ricorda un aneddoto attribuito a santa Teresa d’Avila, che, provata da tante tribolazioni, si lamentò con il Signore che le rispose: «Teresa, è così che tratto i miei amici». E lei di rimando: «È per questo che ne avete così pochi!».

Lidia e Battista Galvagno

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