Amianto, il nemico ancora troppo sottovalutato

L’inalazione di una singola fibra può portare all’insorgenza di tumori e mesoteliomi pleurici anche a distanza di molti anni. Per l’Airc, il picco dei casi non si è ancora verificato

Amianto, il nemico troppo sottovalutato
La porzione di mappa è presa dal sito dell'Arpa e illustra il centro di Alba. In verde, ci sono gli edifici con presenza di amianto già bonificati, in rosso quelli sui quali non si è ancora intervenuti.

SALUTE Come copertura dei capannoni, delle case, dei pollai o come costituente di intonaci e tubazioni: sono molte le strutture che, ancora oggi, contengono amianto. Il rischio per la salute è enorme, dato che l’inalazione delle fibre può portare a sviluppare asbestosi (una forma di fibrosi polmonare), mesotelioma pleurico o peritoneale, carcinoma bronchiale o altri tumori. Prima che si manifestino, possono passare decenni: è per questo motivo che il picco dei casi, secondo l’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro), è atteso per i prossimi due decenni. Sempre l’Airc ha evidenziato che il novanta per cento dei circa duemila casi di mesotelioma all’anno è legato all’inalazione di fibre di amianto.

In Piemonte è tristemente noto il caso di Casale Monferrato, dove aveva sede la fabbrica dell’eternit e molti abitanti e operai hanno sviluppato patologie correlate. «Al mattino, trovavo le ringhiere dei balconi coperte da polvere bianca», ricorda un casalese che abitava nei pressi dello stabilimento.

Non bisogna, però, dimenticare che anche una sola fibra inalata può determinare un rischio per la salute dei cittadini. Certamente in prossimità di una fabbrica che lavora il minerale il rischio è più alto, ma anche chi abita in prossimità o frequenta luoghi in cui è presente amianto non risulta certamente immune. La discriminante per capire se c’è una situazione di pericolo è lo stato di conservazione. Questo, però, difficilmente è individuabile da chi non possiede le competenze tecniche. Ecco che allora diventa fondamentale un monitoraggio. A oggi, nessuna legge obbliga un proprietario a rimuovere l’asbesto, a meno che non versi in cattive condizioni. L’Arpa ha stilato una mappa, in continuo aggiornamento, che segnala i fabbricati contenenti amianto e quelli già bonificati, indicando il tipo di edificio e la quantità stimata. Anche se la maggior parte degli edifici è stata riconosciuta con il telerilevamento, il registro è implementato anche con le segnalazioni dei cittadini, che possono avvertire il sindaco del proprio Comune compilando e inoltrando un apposito modulo. Il primo cittadino inoltrerà, poi, la richiesta sia all’Arpa sia all’Asl.

Alba è impegnata da anni per il monitoraggio dell’amianto antropico

Alba è impegnata da anni nel monitoraggio dell’amianto antropico, grazie soprattutto all’architetto del settore ambiente Italo Sobrero, che ha fortemente voluto l’attivazione di uno sportello amianto in Municipio per informare i cittadini e chiarire gli eventuali loro dubbi.

Spiega Sobrero: «Come si può notare osservando la mappa dell’Arpa, quasi tutte le coperture in eternit ad Alba sono state censite. Con lo smantellamento, alcuni anni fa, di grandi strutture industriali, la quantità si è notevolmente ridotta e gli interventi sono ora rivolti a edifici più piccoli. Dal 2020 a oggi, ad Alba sono state eseguite una quindicina di bonifiche per una superficie totale di 3.900 metri quadrati. Nel 2019 ne sono stati rimossi 3.200 e nel 2018 5.200. Nel censimento del 2010 c’erano 231.505 metri quadrati di amianto rilevato su 279 fabbricati. Oggi, rispetto ad allora, ne abbiamo 122.810».

La collaborazione dei cittadini è «un dovere civico»

Amianto, il nemico ancora troppo sottovalutato
Il responsabile del settore ambiente del Comune di Alba, l’architetto Italo Sobrero.

Nonostante il censimento accurato, Sobrero non nega che qualcosa possa essere sfuggito: «È per questo motivo che la collaborazione dei cittadini risulta fondamentale. Penso che segnalare al proprio Comune le situazioni sospette sia un dovere civico di ogni cittadino. I danni portati dall’amianto non sono immediati ma sono sicuri. Forse non viene dato il giusto peso alla questione, ma il problema riguarda tutti. Anche i proprietari sono, ovviamente, dei soggetti a rischio. Da parte loro, sarebbe necessaria e auspicabile una maggiore collaborazione».

Quando, a seguito di segnalazione, l’Arpa e l’Asl rilevano amianto in condizioni degradate, si procede a un’ordinanza di rimozione. «A volte si ha timore di denunciare il proprio vicino, ma dai nostri comportamenti dipende la salute di tutti, specialmente dei nostri figli che, nei prossimi anni, saranno vittime della nostra negligenza», conclude Sobrero.

Indicano uno stato conservativo errato anche le muffe e i licheni

Continua l’architetto Sobrero: «Lo scopo del censimento è monitorare il degrado dell’eternit, l’ordinanza di rimozione viene emessa solo quando c’è il rischio di rilascio fibre. Essendo un intervento oneroso, molti prendono tempo e richiedono interventi di sanificazione. Le ditte specializzate spruzzano una vernice che impedisce il rilascio di polvere, ma dopo cinque o sei anni si è al punto di prima».

Oltre alla rottura vera e propria, simboli di degrado sono la presenza di muffe, licheni e chiazze sulle lastre. «Le corrette valutazioni, comunque, le può fare solo un tecnico, non certo chi possiede l’immobile. In molti casi, però, c’è da dire che anche un profano può accorgersi del cattivo stato di conservazione. Non è raro vedere le canaline di scolo piene di filamenti di asbesto. Le coperture più nuove sono del 1992, anno in cui è entrata in vigore la legge che obbligava allo smantellamento. Dubito che dopo trent’anni le lastre possano essere ancora in un buono stato di conservazione».Amianto, il nemico ancora troppo sottovalutato 1

Sono anche stati riscontrati dei casi, nel corso degli anni, di smaltimento abusivo. Dice Sobrero: «La legge parla in maniera molto chiara, la procedura di rimozione e smaltimento dev’essere uguale per la tettoia e per il capannone. Abbandonare amianto costituisce reato di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi».

Ad Alba, tra gli immobili comunali con presenza di eternit, è rimasta soltanto la casa del volontariato di corso Europa. «Prima o poi sarà rimosso, ma per ora è tutto sotto controllo. Nessuno la occupa in maniera continuativa ed è in vigore il divieto di forare la parete o anche di piantare chiodi, per evitare la dispersione di fibre», conclude Sobrero.

Tra le misure per lo smantellamento delle coperture, negli scorsi anni erano stati erogati dei contributi regionali per la rimozione, da parte di privati, di piccole quantità di amianto. A fine luglio è scaduto il bando della Regione Piemonte rivolto a Comuni e Atc (Agenzie territoriali per la casa) per la bonifica di edifici pubblici contenenti amianto, che permetterà loro di ricevere un contributo massimo di, rispettivamente, cinquantamila e ottantamila euro.

In occasione della Giornata delle vittime dell’amianto, celebrata ogni anno il 28 aprile, il Centro per la sorveglianza e la prevenzione di Casale ha ideato il Tour amianto zero, che propone una serie di incontri informativi per tutti i cittadini.

La mappatura è capillare nelle città ma non nei paesi

A regolamentare ciò che è legato all’amianto in Piemonte ci pensa la deliberazione della Giunta regionale 40-52 del 2012. Sulla base della norma, i sindaci sono responsabili sul territorio dello stato dei manufatti e devono allertare Arpa e Asl quando necessario. Spiega Albino Defilippi, responsabile del centro amianto regionale dell’Arpa Piemonte: «La legge risulta chiara e dice che le valutazioni si fanno sullo stato dei fabbricati. È, dunque, importante individuarli e censirli. L’Arpa, recependo il decreto numero 101 del 2003 emesso dal Ministero dell’ambiente, ha avviato la mappatura degli edifici con presenza di asbesto tramite telerilevamento e le segnalazioni. I siti piemontesi con amianto sono circa 130mila: l’80 per cento di essi è già stato verificato. A volte, dalle foto aeree, può infatti capitare di scambiare per eternit delle lamiere o altro. La precisione è comunque molto alta».

Se nei grandi centri urbani, tra cui Alba e Bra, la mappatura è stata capillare, diverso è il discorso per i piccoli paesi. Continua Defilippi: «L’Arpa sta agendo interamente con propri fondi. Abbiamo quindi dovuto privilegiare le città perché, data l’alta densità abitativa, si presume che, statisticamente, vi sia più amianto. L’obiettivo è di poter ridurne la quantità per arrivare a uno smantellamento totale. Pensiamo, comunque, che restino ancora un trenta per cento di edifici da censire». Chi volesse prendere visione della mappa, presente sul sito webgis.arpa.piemonte.it, potrà notare che in verde sono segnati i siti bonificati e in rosso quelli su cui non si è ancora intervenuto. Per ognuno, è riportato l’indirizzo e la quantità d’amianto stimata.

In Piemonte l’asbesto c’è anche nelle rocce

Nella nostra regione ci sono zone di montagna dove l’amianto è presente in natura e il rischio non è eliminabile ma bisogna conviverci. Diventa quindi necessario prestare una particolare attenzione ai cantieri che prevedono movimenti di terra. Esistono precauzioni che permettono quasi sempre di avviare i lavori con l’adozione di accorgimenti per limitare la cessione delle fibre: nebulizzazione dei terreni, posa di barriere frangivento, rimozione immediata e in sicurezza dei materiali di scavo, tute e maschere per chi lavora. Due opere che interessano il Piemonte, Tav e terzo valico, attraversano delle aree dove c’è una grande presenza di asbesto.

Davide Barile

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