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Unione europea, c’è posta per te. Chieste nuove regole finanziarie

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo 1

STRASBURGO A qualcuno, complice la pandemia e le feste, la lettera sarà sfuggita e altri, nei Paesi del Nord Europa, proveranno ad archiviarla come una lettera a Babbo Natale. È quella inviata, la vigilia di Natale, al Financial times da Mario Draghi e da Emmanuel Macron, due firme pesanti nel club dei Ventisette che chiedono una revisione delle vecchie regole di disciplina delle finanze pubbliche, in particolare quelle relative al deficit e al debito pubblico dei Paesi membri.

La lettera si apre con una valutazione positiva di quanto fatto dall’Unione per rispondere alla sfida imposta dalla pandemia ricordando, insieme ai circa 1.800 miliardi di euro stanziati e ai programmi di stimolo finanziario della Banca centrale europea, la sospensione delle regole di bilancio, quelle del contestato Patto di stabilità in provenienza dal vecchio trattato di Maastricht, tema che fa da sfondo a tutta la lettera.

I due presidenti, pur registrando i progressi dell’economia europea, non sottovalutano né i danni provocati dalla crisi né le incertezze che ancora incombono sul futuro dell’Ue: proprio per questo è urgente ripensare il futuro di regole finanziarie «più adatte e un migliore coordinamento, non solo durante le crisi», per consentire più ampi margini di manovra alle politiche nazionali di bilancio per investimenti comuni.

Bisogna lasciarsi alle spalle regole di bilancio che «già prima della pandemia andavano riformate. Sono troppo opache ed eccessivamente complesse. Hanno limitato il campo d’azione dei governi durante la crisi e sovraccaricato di responsabilità la politica monetaria. Non hanno creato gli incentivi giusti per dare priorità alla spesa pubblica che guardi al futuro e rafforzi la nostra sovranità – ad esempio gli investimenti pubblici».

Tutto questo avendo ben presente la necessità di «ridurre i nostri livelli di indebitamento. Ma non possiamo aspettarci di farlo attraverso tasse più alte o tagli alla spesa sociale insostenibili, né possiamo soffocare la crescita attraverso aggiustamenti di bilancio impraticabili».

Il messaggio è chiaro: non possiamo tornare alle regole che imposero austerità e rigore a Paesi in difficoltà, senza tenere conto del loro impatto sociale e delle loro ricadute negative anche per l’economia nel medio e lungo periodo.

E tuttavia nuove regole sono necessarie, quelle che passano attraverso «riforme strutturali ragionevoli», come quelle che vincolano l’erogazione delle straordinarie risorse europee del Recovery fund, con  i «meccanismi introdotti per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di funzionamento» e questo «con l’obiettivo di servire al meglio gli interessi dell’Ue nel suo insieme»:

Molti altri spunti meriterebbero di essere ripresi dalla lettera di Draghi e Macron, ma già questi appena citati annunciano su quali temi si svilupperà, ancora una volta, il confronto con i Paesi frugali, consapevoli che questo messaggio è anche per loro e non per Babbo Natale.

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo
Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

Il prossimo semestre dell’Ue a guida francese, la conclusione della conferenza sul futuro dell’Europa e la lezione impartita dalla pandemia offrono un’occasione per ripensare molti capitoli dell’Unione e non solo quelli economici e finanziari.

Naturalmente non basteranno le firme di Draghi e di Macron per riformare la macchina complessa dell’Unione, con ventisette Paesi che hanno spesso interessi divergenti e visioni politiche non sempre omogenee. Sarebbe stato importante che accanto a quelle due firme ci fosse anche quella nel nuovo cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ma la cosa è certamente prematura e non sarà nemmeno una strada in discesa per nessuno.

Non è un motivo per non leggere la lettera italo-francese come un messaggio di auguri all’Europa per l’anno nuovo.

Franco Chittolina

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