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Al Montalto i lavori entro fine aprile. Inesistenti i progetti di integrazione per i trenta internati della casa di lavoro

ALBA Della situazione del carcere cittadino, in larga parte chiuso da quando, nel 2016, si verificarono alcuni casi di legionellosi fra i detenuti, si è tornati a discutere durante l’ultima seduta della quarta Commissione consiliare.

La maggioranza, con Nadia Gomba, ha presentato un ordine del giorno per sollecitare gli enti competenti a mettere mano ai cantieri, peraltro già finanziati e aggiudicati.

Tutto tace sul destino del carcere albese
Il carcere Montalto di Alba

A fare il punto sulla situazione del Montalto, è stato il garante comunale per i detenuti Alessandro Prandi che ha spiegato: «Non sappiamo ancora quando inizieranno i lavori. Nel frattempo la parte di struttura non utilizzata si deteriora: di questo passo rischiamo di trovarci con uno stanziamento insufficiente per un recupero imponente».

Da Roma sono stati stanziati 4,5 milioni di euro: la ristrutturazione avrebbe dovuto iniziare nel 2020. L’aggiudicazione, però, dopo una serie di ritardi, è avvenuta a luglio 2021. Da allora si sono susseguiti rinvii del tutto immotivati.

«Nonostante l’intervento del senatore Marco Perosino, non si è fatto alcun passo in avanti: di recente ho chiesto un aggiornamento al Provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria, che ha parlato di inizio lavori entro la fine di aprile. Sarebbe una buona notizia, ma è difficile essere fiduciosi, dopo tutte le promesse disattese». Prandi ha anche fatto il punto sulla vita all’interno del carcere, convertito, dallo scorso giugno, in casa di lavoro: istituto obsoleto pensato per coloro che hanno terminato la pena, ma vengono ancora considerati pericolosi.

Sulla carta un luogo in cui acquisire strumenti per reinserirsi nella società, ma, all’atto pratico, un carcere perpetuo per persone fragili.

Gli internati trasferiti da Biella ad Alba sono oggi «più di 30. La maggior parte ha gravi problemi di salute psichica, spesso associati a un passato di tossicodipendenza.

Oggi il quadro generale è molto peggiorato: malgrado i proclami iniziali, non è stata conclusa alcuna collaborazione tra il carcere e realtà esterne, come enti e cooperative. Chi dovrebbe lavorare si ritrova praticamente isolato, senza possibilità di reinserirsi». Solo l’azienda agricola del Castello di Perno ha offerto due posti agli internati. «Mi auguro che, per quanto il carcere sia ritenuto, secondo gli stereotipi, un luogo repellente, si apra un dialogo con gli enti locali», ha concluso Prandi.

Al termine della seduta tutti i gruppi consiliari hanno anticipato di voler firmare l’ordine del giorno proposto da Gomba.

f.p.

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