Tra le montagne dei nomadi Bara è successo il miracolo di un canneto trasformato in risaia

Il sacerdote albese,don Renato Rosso
Il sacerdote albese,don Renato Rosso

LETTERA AL GIORNALE Ho appena ricevuto notizie dal francescano padre Pascal, che mi aggiorna su un progetto con i Bara del Madagascar. Ero stato prima della pandemia a visitare questi nomadi e ne era nato un programma a cui sono molto affezionato. Il primo incontro con loro mi ha fatto vedere in quale drammatica situazione vivevano e le possibilità di intervento grazie ai Francescani presenti. Non conoscevo quasi nulla di quella regione. Avevo chiesto informazioni, ma incontrarli mi ha spinto a fare qualcosa con loro.

Per raggiungerli con alcuni accompagnatori, avevo camminato sette ore e mezza, attraversando le montagne che li separano dal resto del mondo. Quando arrivai era quasi notte e, per la stanchezza, avevo solo bisogno di riposo, ma bisognava accogliersi a vicenda, come si usa presso tutti i gruppi tribali nomadi. C’era un silenzio totale, senza elettricità né radio, televisori o cellulari. Mi sembrò di essere in un paradiso terrestre, ma il “serpente” non tardò ad arrivare. Dopo la cena e un riposo prolungato, al mattino cercai di guardarmi attorno.

Una signora trentenne era seduta vicino alla sua capanna visibilmente malata e ingenuamente domandai di che si trattava. Mi risposero che era malata. Verso le nove un gruppo di Bara arrivò al villaggio del capo con un bambino appena morto. Domandai per quale malattia era morto e mi dissero: “Era malato”. Compresi che, in quell’altro mondo, nessuno sa perché ci si ammala e si muore.

La scuola è il pascolo degli zebù. La lingua che si parla è quella degli zebù. La loro ricchezza sono gli zebù stessi. Potrebbero vivere almeno con una buona alimentazione a base di latte, formaggio e carne di zebù, ma il capo, che ne possiede almeno 300, fa di tutto per non macellarli perché sono il suo potere. Anche chi non lo conosce lo rispetta perché ha 300 animali, in quella vallata di circa 200 chilometri. Ho poi visto in lontananza un’immensa risaia o almeno pensavo fosse tale, ma erano canne selvatiche cresciute in mezzo metro d’acqua.

Istintivamente dissi che se crescevano le canne con tutta quell’acqua anche una bella risaia avrebbe potuto sostituirle. Bisognava comunque pensare alla scuola ma, per costruirne una, il materiale doveva arrivare attraverso le montagne. Sono passati più di due anni. Si è costruita una fornace per i mattoni e le aule. Nella periferia della vallata sono nate 30 scuolette e altrettante cappelle, punti di riferimento per migliaia di persone. Il pro

Tra le montagne dei nomadi Bara è successo il miracolo di un canneto trasformato in risaia
Uno dei villaggi dei nomadi Bara tra le montagne del Madagascar dove sono presenti i Francescani

getto è amministrato da padre Felix. Le scuole sono supervisionate da un’insegnante che ha una buona esperienza e una forza straordinaria che le permette di fare da 4 a 6 ore al giorno su e giù per quelle montagne. A seguire i catechisti ci pensa padre Felix. C’è l’assistenza di un’infermiera, che offre preziosi insegnamenti per prevenire le malattie più comuni e conserva presso la scuola uno stock di medicinali per le emergenze. C’è poi un signore che si intende di agricoltura e ha cominciato con la buona volontà di tutti a bonificare quell’immensa risorsa invisibile.

Ho da poco ricevuto una foto con il canneto trasformato in una risaia dove tre Bara ci stanno lavorando. Quest’anno alcuni di questi nomadi si sono trasformati in scolari, muratori, qualcuno aiutante infermiere e persino contadini. E il miracolo continua.

don Renato Rosso

Banner Gazzetta d'Alba