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Alberto Avidano ricorda, con una lettera, il collega e amico Aldo Mirate

Scomparso a 79 anni l'avvocato penalista Aldo Mirate

ASTI A due settimane dalla scomparsa del noto avvocato astigiano Aldo Mirate, di cui si sono tenute le esequie nei giorni scorsi, il socio di studio e amico Alberto Avidano ha scritto e divulgato una lettera. Anni fa, Mirate aveva chiesto allo stesso Avidano di rendere pubblica un’altra lettera, custodita in cassaforte e scritta di suo pugno, nel caso gli fosse successo qualcosa. Un impegno a cui Avidano ha tenuto fede: il principe del foro astigiano è deceduto, all’età di 79 anni, la sera del 25 agosto, in una struttura specializzata per lungodegenti a Santena, dov’era ricoverato in conseguenza della gravissima emorragia cerebrale, che lo aveva colpito, circa 3 mesi fa, mentre si trovava nella sua casa di Valgera.

Di seguito, riportiamo la lettera integrale dell’avvocato Avidano:

Ciao Aldo, addio.
Sono anch’io, come te, un laico, che in queste occasioni non riesce proprio a dire arrivederci. Faccio quindi molta fatica a scriverti quest’ultimo, pubblico, saluto, innanzitutto perché ti ho voluto bene, e sono maledettamente commosso, ancora incredulo di doverlo fare, non rassegnato a non sentire più le ruote del trolley che preannunziano il tuo arrivo in studio, con un carico di fascicoli, di programmi per il giorno dopo, e una ventata di energia che solo il tuo carisma riusciva a suscitare in me, in tutti noi. Faccio fatica perché mille e ancora mille sono i ricordi di questi 35 anni vissuti insieme, tra processi e vita privata.

Tu c’eri quando ho passato l’esame da procuratore, quando mi sono sposato, quando ho affrontato i primi processi penali importanti; c’eri quando ho dovuto sopportare la prima, vera, grande tragedia della mia vita, la perdita di mio fratello. E io c’ero quando tu discutevi i tuoi processi, quando incendiavi le aule di giustizia con le tue arringhe appassionate, profonde e colte; c’ero quando si è sposata la tua adorata Silvia e quando è arrivato Aurelio, il tuo “angioletto diavoletto”, come lo hai recentemente definito. C’ero quando se ne è andato Libero, grande uomo e indimenticabile “podista” del nostro studio, primo dei tuoi fans.

Faccio fatica, infine, perché non sono certo che tu gradiresti questo genere di saluti, riservato e morigerato come sei sempre stato, come hai sempre vissuto. Però una cosa voglio dirtela, affinché resti “a verbale” nel nostro fascicolo personale: grazie Aldo, grazie di tutto. Non sarei quel che sono, se non fossi capitato nel tuo studio, tanti e tanti anni fa, appena laureato, ancora inesperto ma immediatamente affascinato dalla tua grande forza intellettuale, dall’energia con la quale hai sempre affrontato ogni cosa.
Non so ancora come farò a percorrere il corridoio del tribunale senza voltarmi verso le aule a cercare i tuoi capelli bianchi sopra alla toga che svolazza sotto la forza della tua oratoria.
Non lo so proprio, e quindi voglio provare a dirlo: arrivederci.

Alberto

Manuela Zoccola

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