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Festival di Venezia, film impegnativi e di grande qualità

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VENEZIA Il Festival di Venezia a novanta anni dalla fondazione propone la 79ª edizione con film impegnativi di grande qualità su diverse tematiche politiche, sociali, religiose ed economiche. Il cartellone è ricco di film per riflettere e aiutare gli spettatori a capire a che punto siamo nel processo di civilizzazione di cui tanto ci vantiamo.

Don’t worry darling, film fuori concorso della regista Olovia Wilde, presenta una pellicola concettuale con diversi livelli di lettura. Vi si ritrova il mito della caverna di Platone, il mito del nuovo Eden e la ricerca di una società perfetta anche a scapito della libertà individuale. Victory è una città idealizzata dove vivono i protagonisti Alice e Jack interpretato dal bravo Harry Styles cantautore del gruppo One Direction; nella comunità gli uomini lavorano a un progetto top secret e le donne sono libere di vivere nell’agiatezza. È una critica al modo di vivere degli anni ’50: tutti i bisogni sono soddisfatti dall’azienda che porta avanti il  progetto ideale Victory, ma quando Alice, interpretata da Florence Pugh, cerca di capire in cosa consiste veramente il sistema, entra in crisi l’intero sistema. Ma la libertà è più importante di qualsiasi mondo ideale. «Un film che supera l’immaginazione», come dice la regista e attrice Wilde e pone allo spettatore l’interrogativo su cosa sia  disposto a rinunciare in un mondo perfetto in cui tutto viene soddisfatto.

Il signore delle formiche è il film in concorso di Gianni Amelio, ambientato nella Roma degli anni ’60. Tratto da eventi realmente accaduti che riguardano il processo al drammaturgo e poeta Aldo Brabanti, accusato di plagio e condannato a nove anni di carcere per aver sottomesso fisicamente e psicologicamente un suo studente da poco maggiorenne. La famiglia del ragazzo rinchiude il figlio in un manicomio, dove viene sottoposto a ripetuti elettroshock, con la speranza di una guarigione dall’omosessualità.  Una storia narrata da diverse inquadrature e solo un giornalista cercherà di ricostruire la verità, tra sospetti e censure. Amelio tiene a precisare che è un film sull’ottusità della discriminazione e sulla violenza: «L’amore sottomesso al conformismo e alla malafede». Anche se oggi non ci si scandalizza più davanti a nulla, «i pregiudizi esistono e persistono ancora». Un film un po’ lento nella prima parte ma sicuramente molto coinvolgente nella seconda. Bella la sceneggiatura e i primi piani.

Innocence diretto da Gay Davidi, regista israeliano emergente in gara per il concorso Orizzonti, presenta Israele suo Paese d’origine come Stato modello nel promuovere le proprie imprese militari. Nel film racconta la storia di bambini che hanno resistito all’addestramento che viene impartito già a scuola, mai poi capitolano e affrontano, alla maggiore età, il lungo periodo di servizio militare obbligatorio. Per questo le loro storie non sono mai state raccontate perché sono morti in servizio. Il regista mette insieme le pagine toccanti dei loro diari in cui narrano lo sconvolgimento interiore, mettendo in scena immagini militari di prima mano. Il film racconta i momenti chiave dall’infanzia all’arruolamento di ciascun bambino, offrendo allo spettatore un forte impatto visivo che obbliga a una profonda riflessione. «Non c’è niente che mi tocchi di più della sensibilità di un bambino quando scopre il mondo, e non c’è niente che mi ferisca di più che vederla annientata. Israele non è un luogo in cui si valorizza l’innocenza. La sua identità militarizzata richiede l’abbattimento e la distorsione delle dolci linee di confine dell’infanzia», dichiara il regista. Nella pellicola ci sono figli che assecondano il desiderio dei genitori di vederli militari e adulti che non riescono a opporsi alle leggi dello Stato. Forse solo mettendo al primo posto l’amore per i figli si potranno scardinare i forti poteri politici ed economici.

Saint Omer film in concorso di Alice Diop, racconta la storia di Laurence Coly, una donna accusata di aver ucciso la figlia di quindici mesi, abbandonata all’arrivo dell’alta marea su una spiaggia nel Nord della Francia. Mentre il processo va avanti, le parole dell’accusata e le deposizioni dei testimoni sconvolgono le certezze di Rama, una giovane scrittrice che assiste al dibattimento e mettono in discussione la nostra capacità di giudizio dello spettatore. È un film dalle belle inquadrature, quasi interamente ambientato nell’aula del tribunale di Saint-Omer ma troppo lento. La regista si ispira a fatti realmente accaduti nel 2016 e ha pensato di scriverlo per «sondare l’indicibile mistero di essere madre».

Walter Colombo, inviato a Venezia

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