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Pavese secondo Omar Pedrini (INTERVISTA)

Pavese secondo Omar Pedrini (INTERVISTA)
© Fabjo Hazizaj

INTERVISTA Arrivato alla terza apparizione, il cantautore bresciano Omar Pedrini, ex leader del gruppo rock Timoria, è divenuto ormai un habitué del Pavese festival che ogni anno festeggia lo scrittore nato a Santo Stefano Belbo. Pavesiano convinto e amante delle terre piemontesi, domenica scorsa l’artista ha portato in scena, insieme all’attore Alessandro Haber, lo spettacolo tra letture e musica Anche tu sei l’amore sul rapporto tra Cesare Pavese e le donne. Sabato 17 settembre sarà invece ospite di Brancaleone, in Calabria, sempre con i musicisti Simone Zoni e Davide Apollo, per la prima data fuori porta del Pavese festival che ripercorrerà i luoghi del confino.

Pedrini, che spettacolo ha portato in scena?

«Alessandro e io abbiamo celebrato la nostra amicizia, che c’è da tanti anni. Curiosamente, avevamo mai lavorato insieme. Abbiamo voluto rendere omaggio, amore, passione e giustizia alla figura di Pavese. Uso il termine giustizia, perché il mio primo approccio con lo scrittore è stato molto accademico: partivo con la mia maturità classica fresca e venivo a vedere con i miei occhi la casa in collina, la luna e i falò, i luoghi partigiani».

Poi cos’è cambiato?

«C’è stato l’incontro, dopo la mia prima esibizione al Pavese festival, con il direttore della fondazione Pierluigi Vaccaneo. Avevo fatto uno spettacolo tipico, un po’ malinconico, sulle note di Pavese: lui mi ha detto di provare a guardare lo scrittore senza la lente della biografia. Tutti noi siamo condizionati dall’epilogo triste e disperato della sua esperienza e tendiamo a spalmare questo sentimento nei suoi libri. Invece Pavese era uno che persino in Calabria, dove andremo sabato 17 settembre, aveva donne e amava la vita. Così dall’anno scorso cerchiamo di portare al pubblico una nuova lettura».

Pavese secondo Omar Pedrini (INTERVISTA) 1
© Fabjo Hazizaj

Prima gli scrittori e il jazz americani, poi le donne…

«Nella passata edizione c’era il Pavese traduttore che si innamora degli americani e del jazz sfiorando la beat generation, anticipandone respiro, sofferenze e ambizioni. Una vita dissoluta che lui non aveva potuto avere. Quest’anno abbiamo fatto lo stesso lavoro di analisi ma con Pavese e le donne: un viaggio in certi tratti più umano, carnale e sentimentale. Nelle sue poesie la donna è sempre al centro dell’attenzione, a volte è disperato, altre eccitato: sono tutte sfumature del sentimento umano».

Cosa rappresenta la data in Calabria?

«A Brancaleone portiamo lo spettacolo sull’America. È un’idea straordinaria, ma anche faticosa per noi dato che il viaggio è tosto e lungo, ma c’è una volontà forte di portare i libri e le poesie laddove c’è stata la vita e l’essere umano Pavese in anni passati al confino».

Che rapporto ha invece con la nostra zona e il Piemonte?

«Ci sono molto legato, ho due cittadinanze onorarie (Albaretto e Rocchetta Tanaro) di cui sono fiero. Mi sento un po’ a casa e i piemontesi mi considerano uno di loro. C’è una lettura mancata ad Alba su Fenoglio per un incidente stradale che mi bloccò in autostrada: ho ancora questo debito con me stesso e con gli albesi. Poi c’è stato il vino: Luigi Veronelli di cui sono stato figlioccio e assistente mi portava spesso a visitare le Langhe. Ricordo incontri con uomini straordinari come Romano Levi a Neive o Giacomo Bologna nell’Astigiano. Tutta la mia vita piemontese è fatta di incontri umani, più che geografici. Il tartufo bianco e tutti i figli del Nebbiolo mi hanno portato grandi amicizie».

 Lorenzo Germano

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