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L’esercito di 117.733 imprese piemontesi che sanno resistere

L'esercito di 117.733 imprese piemontesi che sanno resistere 1

ARTIGIANI Se la scorsa settimana abbiamo analizzato lo stato di salute del commercio albese, scoprendo la sua vitalità, ora ci occupiamo di un altro comparto che contribuisce a mantenere vivo e dinamico il tessuto imprenditoriale: è l’artigianato, nel Cuneese in gran parte costituito da microimprese. C’è chi porta avanti l’attività di famiglia e chi ha fondato la propria anni fa, ma ci sono anche realtà nate di recente, nonostante le difficoltà legate al contesto economico generale. A fotografare la dinamicità del settore è Confartigianato imprese Piemonte, che ha diffuso il report sul secondo semestre del 2022, utile a tracciare le previsioni per i prossimi mesi.

Non si tratta di un momento semplice per la nostra regione, come emerge dal pessimismo degli imprenditori che hanno partecipato all’indagine, rappresentativa per i diversi settori: a livello piemontese risultano 117.733 imprese artigiane, ma all’orizzonte sembra esserci un ulteriore impoverimento della categoria, con la previsione di 304 attività in meno per il primo semestre del 2023. Una sforbiciata che, secondo il centro studi dell’associazione, colpirà soprattutto le realtà più piccole, con al massimo un dipendente: se al momento sono 72.994, nei prossimi mesi si pensa che almeno 188 chiuderanno bottega a causa dell’incertezza economica, dei costi delle materie prime e dei rincari dell’energia.

Molto meno forte sarà invece l’impatto sulle imprese più grandi: quelle con oltre 20 addetti in Piemonte sono 236, un numero che dovrebbe rimanere piuttosto stabile anche nei prossimi mesi. Dopo Torino, è proprio Cuneo la provincia con il maggior numero di imprese artigiane, per l’esattezza 17.322, il 15 per cento del totale di quelle presenti in Piemonte. Il settore più rappresentato è quello delle costruzioni, con oltre 7mila imprese, ma sono presenti in modo importante anche la manifattura, la metalmeccanica e le riparazioni. Le attività che si occupano di servizi alla persona sono 1.732, un altro tassello importante del panorama artigiano provinciale, che vede in prima linea le donne. Su oltre 235mila occupati che il settore garantisce in questo momento in regione, nella Granda si arriva a 41.865, tra circa 22mila autonomi e quasi ventimila dipendenti. Anche a livello provinciale per il primo semestre del 2023 si stima una riduzione del comparto, per circa 126 imprese in meno.

I lavoratori artigiani del comparto, una presenza forte nell’Ue

L’Italia è caratterizzata da un tessuto produttivo con una presenza molto forte dell’artigianato. Alla fine del 2021 erano 1.287.951 le imprese artigiane registrate dal sistema camerale nazionale, il 23,1 per cento delle attività, per 2.613.608 addetti.

L’Italia è inoltre leader in Europa per la presenza diffusa di micro e piccole imprese. La connotazione del sistema imprenditoriale nazionale registra un’incidenza elevata di ditte a valore artigiano, fornendo all’economia una specificità che non ha paragone con le altre maggiori del Continente. L’analisi dei dati forniti da Eurostat – che escludono dalla struttura delle imprese l’agricoltura e il settore finanziario-assicurativo – indica che le medie e piccole imprese del nostro Paese occupano il 62,8% degli addetti: vuole dire una quota di 14,3 punti superiore al 18,5% della media Ue e maggiore rispetto al 55,6% della Spagna, al 40,8 della Germania e al 38,4 della Francia. L’Italia è inoltre il primo Paese europeo per numero di occupati in piccole e medie attività del settore manifatturiero, con 1.902.190 addetti, pari al 21,1% dei circa 9 milioni di impiegati dei 26 Paesi Ue dei quali sono disponibili i dati.

Il Cuneese regge, ma chiede meno burocrazia

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Daniela Balestra © Marcato

L’INTERVISTA Parliamo con Daniela Balestra, albese, imprenditrice nel settore della stampa e vicepresidente di Confartigianato di Cuneo.

Balestra, qual è lo stato di salute del comparto artigiano cuneese?

«La nostra è un’area in cui l’artigianato è solido e dinamico, con circa 8.500 associati a Confartigianato. La zona di Alba, che riunisce tutti i Comuni del territorio, è quella con più soci: sono 1.511, mentre a Cuneo sono 1.285 e a Bra 949. Significa che, nonostante le difficoltà, il comparto regge, ma non possiamo dire che tutto vada bene. Superate le fasi critiche della pandemia, abbiamo respirato un’atmosfera di ripresa, poi sono intervenute circostanze destabilizzanti: il rialzo dei prezzi dell’energia, le difficoltà a trovare materiali e l’inflazione, che ha effetti disastrosi sulle finanze e frena la volontà d’investire. Nonostante questo, ci sono attività che nascono, spesso capitanate da donne, non solo nei settori considerati “femminili”».

Chi sono gli artigiani che affrontano con più difficoltà questa situazione?

«Senza dubbio le realtà piccole e molto piccole, che si reggono sul lavoro del titolare o di una manciata di addetti. Nella Granda rappresentano circa il 90 per cento del panorama artigiano. Per esempio, se pensiamo all’approvvigionamento delle materie prime, una piccola azienda fa molta più fatica rispetto a una più grande, perché non può contare sugli stessi canali. Un altro problema è l’accesso al credito, che frena gli investimenti: se vent’anni fa un calzolaio non aveva grosse difficoltà a chiedere un prestito, oggi gli vengono richiesti un business plan e una serie di garanzie che spesso impediscono di portare a termine l’operazione. Ciò che chiediamo da anni, come categoria, è facilitare questi meccanismi, il cui peso burocratico ricade sempre sulle realtà meno strutturate. Ed è un grande problema anche dal punto di vista del tessuto sociale: come i negozi di vicinato, gli artigiani animano i paesi e offrono servizi alle comunità, con un livello qualitativo molto elevato».

Quali possono essere le soluzioni?

«La Confartigianato lavora per sostenere le imprese: abbiamo avviato un confronto serrato con le principali banche del territorio, per capire quali potrebbero essere le agevolazioni più utili. Inoltre stiamo puntando molto sulla formazione, perché un’azienda, anche molto piccola, non può prescindere da un’impostazione al passo con i tempi, per esempio sul fronte della digitalizzazione e del piano aziendale. Non è un percorso semplice, ma può essere utilmente affrontato».

Chiara Maierù, che a 23 anni ha aperto un piccolo centro estetico nell’Albese

Chiara Maierù

«Mettersi in proprio a vent’anni è una bella sfida, ma si può fare, con tanto impegno e le giuste idee». Lo dice Chiara Maierù, che ha 23 anni e vive a Ricca. Lo scorso ottobre, nel centro di Diano, ha aperto il suo centro estetico: Donati bellezza. Lo gestisce da sola: «Il mio centro non è grande, così da permettermi di seguire in prima persona tutte le clienti. Ho cercato di creare un luogo semplice. Non mi pesa essere da sola, perché riesco a gestire tutto: al momento non penso di assumere personale, perché i costi sarebbero insostenibili, ma sarei molto felice di accogliere un’apprendista, così da aiutare qualche altra ragazza a formarsi».

Chiara ha sempre avuto le idee chiare: «Dopo gli studi professionali, ho completato la mia formazione alla scuola estetica Sem di Torino, fino al conseguimento della qualifica e dell’abilitazione. Ho sempre avuto l’obiettivo di mettermi in proprio, ma non pensavo così presto. Poi, lo scorso anno, dopo aver lavorato in diversi centri come dipendente a tempo determinano, ho sentito il bisogno di altro. Vivo con i miei genitori, ma sono indipendente. E, grazie al supporto di Confartigianato, sono riuscita ad affrontare questo percorso».

La scelta è stata ragionata da tutti i punti di vista: «Aprire a Diano è stata una scelta strategica, perché non ci sono altri centri estetici: il mio è un servizio nuovo per il paese, che è anche facilmente raggiungibile da clienti che vivono altrove. Ho subito escluso Alba, perché esistono già tante attività in questo settore e sarebbe stato un errore. Certamente i costi dell’affitto, delle bollette e le altre spese ci sono, ma sono soddisfatta dei risultati: sono conscia di dovere affrontare sacrifici e di dovermi impegnare, ma non potrei essere più entusiasta». 

Clandestina, il marchio delle creazioni di Rosita Mano, tutte made nel Roero

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Rosita Mano

Il negozio-laboratorio di Rosita Mano, a pochi passi dalla piazza principale di Corneliano, è un piccolo universo di collane, braccialetti, ciondoli, creazioni all’uncinetto, cristalli e perle colorate. Lo ha ideato lei stessa in tutti i dettagli, dalla scelta della carta da parati ai mobili, perché potesse esprimere al meglio l’essenza del suo marchio di bijoux: Clandestina, nato on-line e poi aperto a marzo. «Ho sempre avuto la passione per l’uncinetto e una vena creativa. Nel 2017 ho preso coraggio, ho creato il mio marchio e ho deciso di farne la mia attività, aprendo la partita Iva: il mio e-commerce mi ha permesso di crearmi una rete di clienti».

Il nome Clandestina ha per Rosita un significato speciale: «Mi ricorda la mia vita e i miei viaggi, ma serve anche a dare un valore alle mie creazioni, che cessano di essere “clandestine” quando vengono indossate da chi sceglie di sostenere un prodotto artigiano, con la creatività che racchiude». La scorsa primavera è arrivata la decisione di aprire un negozio fisico: «Avevo bisogno di un contatto con le mie clienti e di avere da loro un riscontro diretto. Vivo a Vezza e cercavo un locale nel Roero: è stata una sfida, ma devo dire che non mi aspettavo una reazione così positiva. Credo che i piccoli paesi offrano molto da questo punto di vista, perché c’è un buon margine di crescita e le persone non hanno problemi a spostarsi quando sono davvero interessate a un prodotto».

Rosita ha adattato la sua attività agli impegni familiari, visto che è mamma di un bambino di 4 anni: «Faccio l’orario continuato e chiudo alle 15.30, così da occuparmi di lui quando esce dalla materna: spesso mi porto il lavoro a casa. Certo, non tutti i mesi sono uguali, ma sono entusiasta della scelta: è servita perseveranza per arrivare fino a qui, ma ne è valsa la pena».

Francesca Pinaffo

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