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Abbiamo il compito di dare senso e sapore al mondo

PENSIERO PER DOMENICA – QUINTA TEMPO ORDINARIO – 5 FEBBRAIO

Gesù, dopo aver chiamato i discepoli, ha dato loro prima di tutto un sogno: il sogno di un mondo nuovo, diverso, mai visto: il mondo delle beatitudini. Subito dopo, con pazienza ha cominciato a formarli, offrendo loro precise indicazioni su come far diventare storia questo sogno. Il Vangelo di questa domenica (Mt 5,13-16) è il seguito immediato della beatitudini. Riflettere su queste parole è riflettere sul nostro essere cristiani oggi: essere sale o essere luce?

Abbiamo il compito di dare senso e sapore al mondo

Sale e luce simboleggiano due tipi di presenza opposti. Di sale ne basta poco; pochissimo, secondo la moderna medicina. Di luce ne vogliamo sempre di più. Fuor di metafora, la nostra presenza di cristiani nella società deve essere discreta al limite del nascondimento o farsi visibile il più possibile, illuminando tutti gli spazi? Le parole di Gesù sembrano accreditare entrambe le alternative. La scelta deve essere nostra, sulla base della nostra sensibilità e capacità di discernimento, perché ci sono momenti in cui è meglio essere sale e momenti in cui è meglio essere luce.

 

Questa tensione attraversa la storia del cristianesimo. Carlo Carretto, già presidente dell’Azione cattolica, poi Piccolo fratello di Charles de Foucauld, nel suo libro Lettere dal deserto, sintetizzava così il suo percorso: da giovane aveva come regola di vita: «Primo in tutto per l’onore di Cristo re», poi ha scelto il nascondimento totale, a imitazione di Gesù di Nazareth. Negli anni del post-Concilio e al Convegno di Loreto del 1985, fu aspra la discussione tra la “Cultura della mediazione” che teorizzava uno stile di presenza discreta dei credenti all’interno di società e istituzioni, e la “Cultura della presenza”, della visibilità, dell’occupazione di spazi. La prima scelta era sostenuta dall’Azione cattolica; la seconda da Comunione e liberazione. Oggi, in una società pluralista e indifferente, la comunità credente fa fatica a essere luce del mondo e rischia di ridursi a un granello di sale. La sfida è non perdere sapore, continuando a dare senso al mondo.

 

Un modo concreto di essere sale o luce è indicato dal Terzo Isaia (Is 58,7-10), così sintetizzabile, considerando che celebriamo la 45° Giornata per la vita: essere sale che dà sapore è essere a servizio della vita. Ci sono tante forme di rifiuto della vita: non solo l’aborto, ma anche la precarietà, la povertà e i costi della vita, la carenza di appoggio o addirittura l’ostilità delle aziende alle dipendenti madri, che rendono impossibile la maternità stessa. Lottando contro queste situazioni il sale può diventare luce.

 Lidia e Battista Galvagno

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