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Chiara e Anna aiutano le donne in Tanzania con un progetto di volontariato

Le due studentesse hanno trascorso un mese e mezzo a Moshi con un progetto per favorire l’emancipazione femminile.

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VOLONTARI Un mese e mezzo in Tanzania, un villaggio, una decina di donne africane, due ragazze ventenni e un progetto. Sono questi gli ingredienti del viaggio iniziato lo scorso luglio dall’albese Chiara Barberis e dall’amica Anna Sorarù. Appoggiandosi all’associazione no-profit Plannin’ a-round, che organizza progetti di volontariato internazionale aperti a giovani in ogni parte del mondo, hanno potuto vivere un’esperienza intensa di crescita.

«Siamo partite a fine luglio, direzione Moshi, città della Tanzania, grazie all’associazione che ha approvato il nostro progetto. Volevamo fare qualcosa per le donne e lavorare con loro. È stata la prima esperienza di volontariato per entrambe», spiega Chiara. «Studiamo giurisprudenza ed economia, abbiamo messo insieme le nostre conoscenze per realizzare un progetto per l’emancipazione femminile anche dal punto di vista economico, in un territorio dove la discriminazione di genere è diffusa e dove le donne sono spesso vittime di violenza», aggiunge.

Il progetto, pensato a maggio, ha subìto alcune variazioni per adattarsi al meglio alle esigenze del territorio plasmandosi a dovere sulla realtà che le due ragazze hanno iniziato a conoscere appena atterrate. Al mattino le volontarie si occupavano delle lezioni e al pomeriggio pianificavano i passi successivi per trasformare e rendere funzionale un laboratorio già esistente, ma poco proficuo. Durante la loro permanenza in Africa, le studentesse hanno collaborato con la Kilimanjaro childlight foundation (Kcf), organizzazione che da tempo opera nella città per promuovere il benessere dei giovani svantaggiati e vulnerabili. Le donne, oltre ai bambini, sono una delle categorie a cui la Kcf dedica particolare attenzione.

«Arrivate al centro abbiamo conosciuto le ragazze, povere e in situazioni di emarginazione sociale, che lavorano al suo interno. Molte di loro arrivavano da lontano ed erano accompagnate dai figli. Ci hanno accolte in modo caloroso e si è creato un buon legame», racconta Chiara. «Insegnare l’inglese e alcune nozioni base di economia sono stati da subito i nostri obiettivi principali. Senza, le ragazze non potrebbero comunicare con i turisti, vendere i prodotti che realizzano e creare un circolo economico virtuoso che permetta loro di essere autonome». Grazie alla fondazione, le due volontarie hanno potuto avviare un progetto di imprenditoria giovanile insegnando alle giovani delle famiglie più bisognose attività di produzione artigianale.

Nel centro, le donne, guidate da una “Mama” che si occupa di organizzare il lavoro, comprare i materiali e aiutare a tradurre dall’inglese allo swahili, producono articoli di bigiotteria, come anelli e collane, borse e alcuni vestiti che oggi vendono in modo più efficace ai turisti. Prosegue Chiara: «Durante il mese di lezioni abbiamo aperto un negozio dove vendere i prodotti. Per motivi di studio siamo dovute tornare in Italia, ma continuiamo a sostenere il progetto e a monitorare la situazione. Spesso ci sentiamo con le ragazze. Ci siamo viste per più di un mese tutti i giorni, oggi posso dire che siamo diventate amiche».

Oltre all’apertura del negozio in un locale dell’ostello dove le due ragazze e altri volontari impegnati in attività di volontariato, erano ospitati, Chiara e Anna hanno attivato una campagna di raccolta fondi per finanziare il progetto. I soldi permetteranno di pagare un mezzo di trasporto alle donne che si recano al centro, di dare un compenso alla direttrice e acquistare materiali. Il link per donare è presente sulla pagina Instagram di Chiara Barberis.

«Dal viaggio siamo tornate cambiate, è stata un’esperienza molto bella e intensa. A entrambe piacerebbe poter tornare nel centro e proseguire l’attività, ma anche dare il nostro contributo in altri ambiti. In Tanzania c’è ancora tanto da fare», conclude.

 Elisa Rossanino

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