Ultime notizie

Si può essere gioiosi in tempi di odio e violenza?

PENSIERO PER DOMENICA – TERZA DI AVVENTO – 17 DICEMBRE

«Siate sempre lieti»: stavolta Paolo esagera! Come si può essere sempre nella gioia? Peggio ancora in un tempo come quello che stiamo vivendo, in cui tutto sembra portare in direzione contraria! E poi, si può ordinare a qualcuno di essere felice? La gioia è un sentimento e, come ci ricorda il detto popolare, “Al cuore non si comanda”. In realtà, quello di Paolo è un augurio, accompagnato da alcuni consigli per arrivare a vivere una vita gioiosa. Anzi, oggi, dalle letture arrivano tre suggerimenti.

Si può essere gioiosi in tempi di odio e violenza?
Il Battista annuncia la venuta di Gesù, miniatura del XV secolo (Cremona, Tesoro della cattedrale).

Cogliere i segnali di speranza. È l’invito di Isaia (61,1-11), forse un ex schiavo che parla a ex schiavi, a prigionieri appena liberati da Babilonia e fatti rientrare in patria con l’ordine di ricostruire il tempio. Giunti a Gerusalemme, di fronte una città rasa al suolo, tutta da ricostruire, essi sono stati verosimilmente assaliti dalla tristezza e dallo sconforto: “Non ce la faremo mai!”. Il profeta, dopo averli invitati a gioire comunque della ritrovata libertà suggerisce che proprio loro, ex schiavi, possono essere i semi e i germogli di un futuro radioso. La gioia, prima di essere un frutto, è un seme.

 

Imparare a pregare e a ringraziare. Paolo (1Ts 5,16-24) concretizza l’invito citato in apertura con dei consigli pratici. La gioia si nutre di preghiera, in particolare della preghiera di ringraziamento: dal sorgere del sole al suo tramonto, in ogni momento della giornata, per chi sa vederlo, c’è qualcosa di cui ringraziare. Serve anche ascoltare la voce dello Spirito e dei profeti, cioè delle persone che sanno scorgere la presenza di Dio in mezzo a noi. Occorre infine avere uno sguardo non preclusivo sulla realtà: vagliare ogni cosa, attenti a cogliere “ciò che è buono”. C’è sempre del buono di cui ringraziare.

 

La gioia di chi non ha la pretesa di salvare il mondo. Nel Vangelo (Gv 1,6-8;19-28) campeggia la figura di Giovanni Battista. Interrogato da coloro che si ritenevano i custodi della nazione e dell’ortodossia – sacerdoti, leviti e farisei, gli stessi che saranno poi gli avversari di Gesù – egli ripetutamente si schernisce. Anziché reagire con un “Non sapete chi sono io!” risponde: «Non sono io!»: non sono il salvatore, né un profeta, né il Messia. Sono solo un messaggero di speranza. Da lui giunge quindi un chiaro invito a guardarci dal delirio di onnipotenza, proprio di chi si sente il salvatore del mondo. Nessuno lo è. Chi si atteggia a tale, oltre a fare danni incalcolabili, procura a sé e a tanti tristezza. È l’attesa del Salvatore che è fonte di gioia: una gioia alla nostra portata.

Lidia e Battista Galvagno

Banner Gazzetta d'Alba