
ABITARE IL PIEMONTESE Creare buoni ricordi nei bambini è una delle attività più importanti del mondo. Solo così quei ricordi potranno essere restituiti. Noi stessi ci siamo nuovamente interessati alla lingua piemontese da un po’ più grandi. Quando svolgiamo i progetti di piemontese con le scuole, troviamo che la cosa importante non sia insistere perché lo apprezzino e lo parlino ora, ma giocare con i bambini con questo linguaggio, con le storie, gli aneddoti e le filastrocche, cosicché un giorno sentano la necessità di qualcosa avvenuto nell’infanzia. Per noi è andata così. Sapere che qualcosa della nostra infanzia stava per perdersi ci dispiaceva: recuperare il ricordo, il piemontese, fa sì che venga recuperata ogni volta anche un po’ la nostra stessa infanzia per guardare meglio in avanti.
La nonna Carla aveva sempre il patema del cȓòch. Diceva: Beuta ‘ȓ cròch, gàva ‘ȓ cròch, sàra con ‘ȓ cȓòch. Il cȓòch è la serratura di sicurezza, oltre alla chiusura a chiave con le classiche mandate. Di forma circolare, il pomello del cȓòch blinda ulteriormente la porta, bloccandola con un gancio di ferro. Eppure, si diceva, se veuȓo deuȓbo istèss (se vogliono la aprono comunque, riferendosi ai ladri). Questa parola arriva dal celtico (croc) e dal tedesco (krok), dove significa sempre gancio, uncino. Avej o nàs a cȓòch oppure ‘ȓ gambe a cȓòch (avere il naso o le gambe a uncino). Il crochèt, invece, è l’uncinetto!
Come sia possibile che cȓòch significhi anche debito lo capiamo considerando il debito come impegno, fastidio, preoccupazione, qualcosa che “aggancia” a precisi vincoli e responsabilità. Si tratta dunque di un gancio (in senso figurato) cui restare intrappolati. Avej ‘n cȓòch da dëscȓoché: ecco che possiamo azzardare l’origine della parola italiana scroccare, ovvero sganciarsi, avere un beneficio che libera. Attenzione a non confondere il cȓòch con il froj (pronuncia frui), un chiavistello a scorrimento per la chiusura delle porte, un po’ più rudimentale, la cui parola deriva da ferro. Infine, c’è quel modo di dire Con ij crich e con ij cȓòch, ovvero con tutti gli arnesi possibili. È bene dire anche cosa sia il crich: sui mozzi posteriori dei carri venivano fissati due crich (dischi dentati) con i denti inclinati all’indietro che in salita e in frenata evitavano il contraccolpo.
Paolo Tibaldi
