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La storia / La dura vita dei disabili dentro e fuori casa

Per supportare Paolina tre volte alla settimana il Consorzio socioassistenziale manda delle affidatarie per aiutarla.

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ALBA Le esigenze dei disabili per avere una vita il più possibile normale si scontrano spesso con la presenza delle barriere architettoniche. Se è intollerabile trovarle in strada, ancora peggio è averle nella casa in cui si abita.

A raccontare la propria storia è Paolina Procopio, residente in uno dei diciotto alloggi comunali dello stabile di via Mameli, 4. Nata nel 1960, è costretta sulla sedia a rotelle ed è attaccata per ventiquattro ore al giorno all’ossigeno per respirare.

Dice la donna: «Dieci anni fa sono stata colpita da un infarto e, da allora, sono peggiorata sempre più. Sono stata sottoposta a un’angioplastica e ho superato tumori maligni alla gola e al seno. In preda a una forte ansia sono stata in cura da uno psichiatra e mi è stato diagnosticato il disturbo bipolare».

«In precedenza la mia vita era normale, ho due figlie, ora entrambe in Piemonte, e con il mio ex marito abitavo a Gorizia. Poi mi sono trasferita a Montà e lavoravo a Torino. Sono stata per un certo periodo in Calabria da mia mamma e, dopo i guai medici, ho passato dieci mesi da Marta e Maria e in casa di riposo a Guarene. Per legge, si può accedere agli alloggi di questo tipo soltanto dopo i sessant’anni: sono qui da tre anni e, prima, ho abitato per un certo periodo ad Altavilla. Cosa mi sta salvando da questa situazione? Il mio carattere forte», aggiunge.

Per supportare Paolina, «tre volte alla settimana il Consorzio socioassistenziale manda delle affidatarie per aiutarmi. Tale diritto è stato stabilito dopo una visita dell’Asl. Anche loro sono testimoni delle condizioni del palazzo». Per raccontare la situazione in cui è costretta a vivere, parte da un episodio: «Lo scorso anno, a giugno, nel tentativo di mantenere aperta la porta d’ingresso per passare con la carrozzina mi sono rotta due dita del piede. Qualcuno, dal Comune, mi ha detto che il portoncino è a norma di legge: non si tiene conto, però, della mia disabilità. Sto pensando di procedere per vie legali e chiedere un risarcimento dei danni. Intanto, il 17 settembre ho preso appuntamento per parlare con il nuovo sindaco».

Se l’ascensore, per lei che abita al terzo piano, non crea problemi, nel suo tragitto verso il mondo esterno, le difficoltà proseguono fin dal momento in cui varca il cancello. «C’è una rampa e, per uscire, sono impossibilitata a richiuderlo subito, lo faccio solo al mio ritorno. Quando piove le ruote della carrozzina slittano e rischio di cadere con la faccia per terra». Dentro casa «fa troppo caldo e i pianerottoli sono sporchi. I tombini in cantina, poi, piova o non piova si intasano sempre ed emanano una puzza tremenda. L’unico intervento eseguito recentemente dal Comune riguarda i citofoni, che per lungo tempo non hanno funzionato».

 Davide Barile

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