
REPORTAGE Dell’ospedale cattolico di North Kinangop, negli altipiani orientali del Kenya, avevo letto e spesso sentito parlare. Così come dell’attività svolta presso l’ospedale dal professor Bruno Frea, urologo che da anni collabora con la struttura allestita e gestita da don Sandro Borsa, missionario della diocesi di Padova attivo in Africa da moltissimi anni.
Vedere di persona
Ho così deciso di accettare la proposta di vedere di persona il North Kinangop catholic hospital, di conoscere don Sandro e toccare con mano i risultati prodotti dal suo entusiasmo, sostenuto da un talento manageriale non comune. Sono così partito per il Kenya con le fisioterapiste albesi Daniela Gallina ed Elena Bottini, l’igienista dentale Maria Gabriella Pinna, Maria Teresa Dellapiana (protagonista in cucina), il collega Marcello Pasquero, il professor Frea e un gruppo di giovani urologi e medici in corso di specializzazione.
L’Asta del tartufo
Il collegamento con l’Asta mondiale del tartufo ha visto l’aggiudicazione di un lotto grazie al quale saranno ultimate tre nuove sale operatorie completamente attrezzate e ha permesso a don Sandro Borsa e al dottor Frea di raccontare al pubblico la realtà del North catholic hospital e descrivere le attività medico-sanitarie rese possibili grazie alla collaborazione con gli specialisti che condividono le loro competenze in un centro che raccoglie pazienti da un bacino di 350mila persone.
Persone che in ospedale possono contare su un pronto soccorso, ambulatori e reparti dove vengono erogate oltre trentamila prestazioni all’anno. I gruppi di specialisti hanno la duplice valenza di affrontare le situazioni di maggiore complessità e, allo stesso tempo, di contribuire alla formazione del personale locale in linea con la volontà di don Sandro di “africanizzare” sempre di più l’o-
spedale di North Kinangop.
I bambini di strada
Il gruppo albese ha visitato, nel quartiere Giturai 45 di Nairobi, due realtà gestite dall’associazione Papa Giovanni XXIII che svolgono un ruolo sociale determinante. Qui, tra povertà e grandissimo disagio sociale che colpiscono – come sempre – i bambini e le donne, abbiamo potuto conoscere il lavoro svolto dal centro residenziale G9 che offre accoglienza agli street children che vivono, ma sarebbe meglio dire sopravvivono, in strada. Sono spesso orfani, o abbandonati dai genitori che non sono in grado di provvedere a loro. Altri lasciano spontaneamente le famiglie in cerca di fortuna.
Per tutti la realtà si chiama fame, pericolo e disperazione, che si cerca di contenere annusando la colla o ricorrendo alle droghe. Il centro G9 li accoglie e ha per loro progetti di recupero, formazione e reinserimento nella società attraverso il lavoro o il proseguimento degli studi.
La casa per le donne
Il progetto Amini home, portato avanti dalla ginecologa Elisa Lupi, offre assistenza sanitaria e psicologica, corsi di formazione, sostegno scolastico, colloqui con operatori e interventi diretti attraverso un’unità di strada e una casa di accoglienza per le donne disposte a lasciare il marciapiede e investire in un futuro diverso. Attraverso il dialogo e l’ascolto gli operatori cercano di conoscerle per comprenderne sogni e aspirazioni e costruire insieme un percorso di rinascita.
Come dare sostegno
È nata in questi giorni l’associazione Amici di Kinangop fondata da Bruno Frea per sostenere l’ospedale. Per farne parte è sufficiente scrivere alla e-mail amici.kinangop@gmail.com. Per sostenere l’associazione è possibile donare all’Iban: IT39 K085 304 6220 0000 0028 4714. Chi volesse sostenere il lavoro del centro Amini home può invece collegarsi al suo sito seguendo le istruzioni per effettuare una donazione.
Beppe Malò
