
di Giancarlo Montaldo
ALBA – Se n’è andato come ha sempre vissuto Bruno Boggione, cuoco, uomo di sala e sommelier. Se n’è andato in silenzio, senza clamore, con quella signorilità che lo ha sempre caratterizzato nei lunghi anni della sua esperienza professionale. È stato un sommelier ante litteram, quando il vino nella ristorazione non aveva tutta l’attenzione che meritava.
In un settore come la ristorazione che oggi vive spesso di esaltazione, fragore e protagonismo, Bruno ha scelto spontaneamente la dimensione opposta. Ha scelto la concretezza unita all’eleganza, la fedeltà alle materie prime del territorio abbinata alla capacità di interpretarle in chiave moderna, la voglia continua di conoscere e imparare insieme all’orgoglio della sua profonda professionalità.
La scuola familiare
D’altronde, l’ambiente in cui è cresciuto dal 14 aprile 1946, data della sua nascita, era il Gallo d’Oro, uno dei ristoranti che davano continuità a una cucina di territorio che comunque era anche allora in costante evoluzione. La famiglia era numerosa e veniva da Monforte d’Alba.
Ultimo di cinque figli (Palmira, Celso, Carlo e Mario, oltre a lui, naturalmente) Bruno ha respirato l’atmosfera della cucina e della sala, dove lavoravano Enrico Bertolini, il marito di Palmira e Carlo. La mamma Teresa aiutava a fare i tajarin, la fonduta, i vari sughi, mentre il papà Giuseppe si occupava di tartufi e vino. Il Gallo d’Oro era all’ingresso del centro storico albese, nella via Luigi Einaudi, dove si radunavano spesso belle comitive di commensali per celebrare le piacevolezze della cucina albese e quel posto così tradizionale si era fatto conoscere anche per la fumante “biseca” (trippa) che proponeva ai commensali più mattinieri già alle cinque del mattino.
Gran parte di quella nidiata di figli è rimasta nella vita legata alla ristorazione o alla cucina, chi professionalmente (Palmira, Carlo e Bruno) e chi per profonda passione (Celso e Mario).
Man mano che gli anni passavano, le redini del Gallo d’Oro rimasero nelle mani di Bruno, che inizialmente continuò nella postazione originale e poi lo trasferì lungo corso Fratelli Bandiera, proprio davanti alla stazione ferroviaria di Alba.
Lo scatto vincente
La scelta professionalmente più efficace fu quella che Bruno fece all’inizio degli anni Novanta, quando con la moglie Ilvia Bonino decise di chiudere l’esperienza del Gallo d’Oro e dare vita e sostanza a una nuova esperienza che si sarebbe rivelata di grande intuizione.
Nel cuore del centro storico albese, costruì il suo Vicoletto, un locale che univa la tradizione con l’innovazione, le radici con lo sguardo verso il futuro, un’idea concreta che gli valse la stella Michelin, primo esempio in una terra che nei decenni successivi avrebbe fatto man bassa di questi riconoscimenti. Furono anni di grande dinamismo e belle intuizioni, di novità e di professionalità pura. Confluirono in quel piccolo locale dal cuore albese commensali, curiosi e motivati, dall’Italia e dal mondo.
Ma si sa: le belle storie non durano in eterno. Così, per le problematiche più svariate, poco per volta quell’esperienza del Vicoletto si spense, passando anche attraverso una formula più leggera e anche ante litteram, ovvero una gastronomia di qualità.
Ma il legame tra Bruno e la cucina non si strappò mai: continuò a fornire il suo estro, la sua professionalità e il suo prudente modo di esprimersi in varie esperienze qua e là per il territorio, dalla Vineria di Gianni Gagliardo a La Morra alla Bottega dei vini di Castiglione Falletto.
Negli ultimi anni, proprio per non lasciare spegnere del tutto la sua voglia di stare ai fornelli e la sua generosità decise di cucinare anche per coloro che al Cottolengo di Alba trascorrono giorni difficili e dimenticati.
