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Abitare il piemontese: la parola della settimana è Fricandò

Significa: intingolo tipico, vivanda a base di carne, verdure ed erbe aromatiche, ma anche individuo inetto e oggetto superfluo

Abitare il piemontese: la parola della settimana è machinëtta

ABITARE IL PIEMONTESE Tra le domande del quiz televisivo L’Eredità in onda Rai1, un po’ di tempo fa, la concorrente avrebbe dovuto individuare la composizione di un piatto tipico. Secondo la ricetta classica piemontese che genere di piatto è il fricandò? Le risposte possibili erano: 1) Torta di patate e formaggio, 2) Paté di vitello, 3) Carne con verdure e 4) Bollito con salse. Tolto il fatto che tutte le soluzioni riconducono più o meno a ingredienti o piatti piemontesi, la risposta corretta era la numero tre.

Gli autori del quiz non hanno definito questo piatto come tradizionale e questo ci ha fatto molto piacere. Infatti, nel Secolo scorso, pochi piemontesi potevano permettersi qualcosa a base di carne. Il piatto fu ideato nelle cucine contadine povere e risalente (si presume) al XVIII Secolo. A quei tempi era uno spezzatino che si preparava in cascina: si poneva in pentola tutto quanto era d’avanzo, aggiungendo patate, carote e cipolline per insaporire, rendendo il piatto appetitoso. Attualmente, è un manicaretto tipico, creato per cucinare carne di vitello con patate.

Il fricandolìn (pronuncia fricandulìn) è una specie di stufato affettato, talvolta una braciola avvolta. L’origine della parola rimanda a un pretto gallicismo francese fricandeau (carne cotta in casseruola con aromi). Secondo il Repertorio etimologico piemontese si tratterebbe di una formazione a partire dall’espressione fric (radice di altre voci quali fricasser o fricot) + antem + ellum. Per le stesse voci francesi si suppone anche un ipotetico frixicare (arrostire bene, soffriggere).

Bisogna tenere presente che fricandò è anche un appellativo per definire una persona poco furba o un oggetto di poca importanza. La connessione è dovuta probabilmente all’ilarità sonora della parola o alla metafora del soffritto con l’indole del soggetto. Interessante questo collegamento tra cibo e tempra: accade anche con panàda o con pan bianch e vin doss.

Paolo Tibaldi

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