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Alessandro: «Ci vuole un anno sabbatico per scordare l’Italia»

Prendiamo una storia qualunque, come prototipo di un modello ormai largamente diffuso in Italia, Paese in cui migliaia di giovani talenti sono costretti a emigrare per trovare corrispondenza tra progetti e risorse disponibili. Studente universitario in dirittura d’arrivo, Alessandro, 24 anni, è iscritto alla Facoltà di biologia. Residente ad Alba, ha casa a Torino con alcuni amici. Sogno: diventare ricercatore. Progetto concreto di vita incerto.

«Arrivato alla fine del percorso di studi mi trovo in seria difficoltà», spiega Alessandro. «Prima ero poco sensibile alle dinamiche politiche ed economiche del Paese. Negli ultimi anni, invece, ho capito che dalle decisioni prese dall’alto dipende la mia vita. Ad esempio, con i recenti provvedimenti, oltre ai fondi per la ricerca sono state tagliate le mie speranze».

Alessandro spiega di preferire la vita all’estero, più tutelata e sicura, che un’esistenza di indeterminatezza e fatica in Italia. «Certo, potrei anche rimanere. Ma dovrei fare uno sforzo di adattamento tre volte maggiore, sia dal punto di vista della retribuzione sia da quello della disposizione di strumenti, visibilità internazionale, collaborazioni, inserimento », prosegue il giovane. «Sembra che gli altri Paesi abbiano investito sulla dinamicità, sulla vivacità, sul futuro, insomma. Noi, invece, siamo intenti a rappezzare e tamponare buchi. A lungo termine, la pagheremo».

Alessandro parla con la lucidità di chi sa programmare e contenere l’angoscia. Pensa di laurearsi a marzo del prossimo anno. Poi, «partirò. In Inghilterra lo fanno abitualmente: quando affrontano un grande cambiamento nella vita, indipendentemente dall’età, prendono un anno sabbatico e viaggiano. Per chiarirsi le idee, scovare nuove possibilità. È quello che farò. Ho in mente alcune tappe. Voglio esplorare i modi di vita, le istituzioni, le organizzazioni estere, individuare risorse su cui poter costruire una vita decente».

Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Svizzera, Olanda. Queste la tappe ipotetiche.

Conclude Alessandro: «Non ho la ragazza, né un gruppo musicale da portare avanti, né un lavoro part-time, né impedimenti. Non si tratta di egoismo: è che bisogna scegliere. Io scelgo di costruire la mia vita altrove, perché sento di essere nato in un luogo che mi offre poche prospettive». Forse, con lui partirà un amico. «Coglieremo l’occasione per staccarci dal flusso d’impegni. È una buona occasione per apprendere da altri contesti. Se non lo faccio ora, non lo farò più».

m.v.

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