Giulia: «A Roma solo caos inutile»

Parliamo con Giulia V., universitaria di 22 anni. A Roma ci è finita quasi per caso: lo scorso 15 ottobre era in vacanza nella Capitale, ospite di un’amica, pure lei universitaria. Il corteo degli indignati lo hanno raggiunto «perché nel pomeriggio non sapevamo che fare» e perché «sembrava che tutta la città si stesse mobilitando».

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Come mai, secondo te, la protesta è degenerata? «Io e la mia amica siamo arrivate tardi, un’ora dopo la partenza ufficiale. Quindi non rappresento una fonte attendibile. Alcuni amici mi hanno spiegato che, dopo circa venti minuti dalla partenza, una “testa calda” isolata ha dato fuoco a una macchina. Così, tutto lo spezzone dei “violenti”, un po’ presi dal panico e un po’ increduli, hanno cominciato a vestirsi di nero. Non è una cosa da fare a un corteo. Soprattutto se non hai un obiettivo. Di solito lo scontro con le Forze dell’ordine si innesca quando il corteo vuole entrare in un luogo – ad esempio, il Parlamento – rappresentativo del potere da contestare. Secondo me, la manifestazione di Roma è stata un fallimento, perché si è creato un caos fine a se stesso, privo di bersagli specifici. Nessuno scopo politico, solo una rabbia diffusa e impazzita».

Condanni la protesta violenta? «Non saprei rispondere. Esattamente come lo scorso dicembre, durante la protesta studentesca, i ragazzi intervistati ad Annozero di Michele Santoro dissero, parafrasando: “Noi non abbiamo partecipato agli scontri, ma in qualche modo li rivendichiamo, perché erano dei ragazzi come noi, ragazzi senza futuro”. Personalmente non farei nulla, come lanciare sassi o infuocare veicoli: simpatizzo per gli studenti indipendenti, notoriamente pacifici. Credo nell’ahimsa, la protesta nonviolenta. Eppure, l’aggressione che la finanza globale e la politica esercitano su di noi ogni giorno è ben peggio di quella che abbiamo visto in piazza San Giovanni».

I media non sembrano concordare. «Se c’è una cosa che ho imparato in 22 anni, è che la televisione, qualunque sia il tuo grado di spirito critico, ti condiziona in maniera irreparabile. Meglio non guardarla. Quanto ai giornali non saprei dire, non ho letto molto nei giorni successivi agli eventi di Roma».

C’eri in piazza San Giovanni tra i lacrimogeni e i blindati della Polizia? «No, sono stata nelle retrovie. Ho bazzicato di qua e di là, ben attaccata alla mia amica per evitare di perdermi ».

C’è un’immagine dal corteo che ti ha colpito? «C’era un ragazzo “imbardato” e irriconoscibile – sciarpa nera e cappuccio nero sul volto –, che stava scrivendo sul muro di una banca con una bomboletta spray. A un certo punto si è accorto di un giornalista (o un privato cittadino?), dietro, che lo filmava. Il ragazzo ha riso, detto allegramente: “E dai, non filmare cumpà!”. Il giornalista, se tale era, ha replicato: “Cosa ridi, queste immagini finiscono direttamente in mano alle autorità”. Il ragazzo ha cambiato volto e ha iniziato a inseguirlo. Sono spariti dietro la via e non li ho più visti, la scritta però è rimasta. Se non ricordo male, era un logo No Tav».

Matteo Viberti

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