Se il volontario diventa supplente

Il tema del volontariato in Europa è stato affrontato dal convegno internazionale organizzato a Cuneo dal centro servizi per il volontariato Società solidale. Il 2011 è stato proclamato “Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva” dal Consiglio dell’Unione europea; in Italia sono stati promossi momenti di riflessione e iniziative. «In Europa non c’è una normativa specifica ma un terzo settore di solidarietà diffusa, ed è la direzione verso la quale, a mio parere erroneamente, vorrebbero andare alcune istituzioni del Paese», dice Giorgio Groppo, presidente di Società solidale, membro del Consiglio n a z i o n a l e dell’economia e del lavoro e dell’Osservatorio nazionale del volontariato. Sull’avvenire del volontariato in Italia Antonio Miglio, vicepresidente dell’Associazione di fondazioni e di casse di risparmio e presidente della fondazione Cassa di risparmio di Fossano, ha idee precise. Eccole.

Di fronte alla crisi, quali possono essere le prospettive per il volontariato, Miglio?

«Abbiamo l’opportunità di essere tra i protagonisti della fase di trasformazione del welfare, giocando un ruolo superiore a quello attuale nell’individuazione dei bisogni a cui far fronte e nella programmazione dei servizi. Il volontariato è, tra i soggetti in campo, quello che più e meglio riesce a declinare il valore strumentale della sua azione – il contributo alla produzione di beni e servizi a vantaggio della comunità – con quello simbolico dei valori – gratuità, dono come strumento di relazione, reciprocità, partecipazione».

Il volontariato saprà trovare risposte innovative?

«Vista la difficoltà del momento, che non sarà di breve periodo, penso che debba sforzarsi di superare alcuni limiti e debolezze: la frammentazione, la tendenza a operare in una dimensione “micro” fatta di piccole o piccolissime associazioni. Esiste la possibilità che il volontariato sia “obbligato” a una supplenza del pubblico che si ritira dal welfare applicando un principio di sussidiarietà rovesciata. E che quindi il volontariato venga “sfruttato” con un ruolo “servente”. Solo se lo Stato garantisce i diritti primari dei cittadini, il volontariato potrà contribuire all’evoluzione di un nuovo sistema di welfare, in cui il privato sociale abbia un ruolo da protagonista».

Differiscono la situazione locale e quella nazionale?

«Nelle realtà più periferiche e più “a misura d’uomo” come il cuneese la situazione è migliore. Cito uno dei primi problemi del volontariato: il ricambio generazionale. Nei Comuni più piccoli è più facile che si mantenga una sufficiente coesione sociale e un corretto rapporto tra generazioni. Ed è più semplice avvicinare i giovani al mondo del volontariato. Per un ragazzo è più coinvolgente partecipare alla costituzione di un’associazione, progettarne insieme ad altri la missione, sentirsi protagonista. Più difficile entrare in una realtà consolidata, dove è minore la possibilità di essere o sentirsi in qualche modo determinante. Nella Granda la presenza di un rilevante numero di fondazioni di origine bancaria rappresenta un sostegno per il volontariato e la garanzia di trovare risorse per progetti validi e innovativi».

Giorgia Barile

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