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Le strade del fallimento

C’è chi ha imparato a conoscere l’asfalto come la propria pelle. Per la gente comune c’è un’appartenenza stabile, un ufficio, una fabbrica, un’azienda. Per loro c’è movimento perpetuo. Perciò gli incrementi delle accise del carburante e dei tariffari delle autostrade rischiano di “ammazzare” l’autotrasporto.

Francesco è l’esempio classico.Ètitolare diuna piccola ditta di Poirino. Spesso attraversa Alba, più spesso il Paese, portando mattoni, materiale edile, concime, attrezzi. Lo ascoltiamo: «Dal 23 al 25 gennaio sono rimasto a casa. C’erano i blocchi dei camionisti ma il mio sindacato nonha partecipato. Vorrei proprio sapere perché», spiega amareggiato. Come uno che è vittima di decisioni dall’alto.

«Giovedì ho ripreso a viaggiare. Dovevo trasportare merci in Toscana, una consegna inderogabile. Ho usato la radio per comunicare con i colleghi ed evitare i blocchi. A un certo punto però, arrivato a un casello, alcuni camionisti mi hanno fatto accostare. Invece di obbligarmi a rimanere fermo, come avevo sentito succedere altrove, mi hanno porto un volantino. Sono rimasto dieciminuti con loro, poi sono ripartito. Sono stati gentili», spiega Francesco sconfessando il mito dipinto dai telegiornali e talvolta dalla realtà (vedi articolo a lato). Continua Francesco: «C’è stato un putiferio. Nell’ultimo anno il prezzo del gasolio è aumentato di circa il 35 per cento. Il mio serbatoio ha una capacità di settecento litri, per riempirlo servono mille euro. Mille euro da spendere ogni giorno». Senza contare i guasti, il cambio delle gomme, i caselli autostradali. La vita del camionista è ardua, sovente siamo fuori casa e lavoriamo intere giornate, senza fermarci».

Gli stipendi medi in Italia per gli autotrasportatori sono compresi tra i due e i tremila euro,masono destinati a precipitare. Racconta Francesco: «La concorrenza è straniera, soprattutto dell’Est: sono camionisti che stanno in Italia per due o tre mesi, consegnano merce e offrono manodopera per sette, ottocento euro mensili. Il tutto al limite della legalità. La mancanza di regolamentazione ci sta uccidendo ». La precarietà e l’incertezza costringono molti imprenditori a licenziare. «Ma la mia è un’azienda piccola, una specie di famiglia», commenta Francesco e l’appello risuona come un monito. La rivolta dei camionisti non si fermerà: «Stiamo fallendo, pur lavorando. Prima fallivano i pelandroni, ora fallisce chi lavora. Perciò non ci fermeremo. L’appuntamento è fra trenta giorni. Se le cose non cambieranno, torneremo a occupare le strade».

Matteo Viberti

 

 

 

Tre storie dall’asfalto che scotta

Tre storie per descrivere il movimento di rivolta che ha colpito il Piemonte: una tragedia, una manifestazione solidale e un’imboscata. Gli aneddoti, al di là delle opinioni, sanno scucire le maglie di un avvenimento, lo denudano di fronte agli occhi di chi osserva.

La prima storia la racconta Michele F., un camionista che conosce la vicenda del camionista ucciso ad Asti il 24 gennaio. Michele: «Al presidio di Asti è arrivato un camion tedesco. Un uomo ha cercato di fermare il mezzo e per farlo si è attaccato alla pedana, all’altezza dello specchietto retrovisore. Dentro l’abitacolo c’era un cane, un piccolo cane che si è messo ad abbaiare. L’uomo si è spaventato, è caduto ed è stato travolto». L’unica vittima del blocco dei Tir è un simbolo. L’avviso che qualcosa andava per il verso sbagliato.

L’imboscata è la seconda storia, il secondo limite superato. Ancora Michele: «Amici dal casello di Asti raccontano che è arrivato un camion. Gli hanno intimato di fermarsi, ma lui ha tirato dritto. Due macchine lo hanno inseguito e accostato. Due persone hanno detto al camionista: “Adesso, dato che non ti sei fermato, scarichi la merce”». Scaricare la merce per un camionista è come perdere il patrimonio di una vita. Migliaia e migliaia di euro. Gli “assaltatori” pare avessero in mano delle pistole. La tensione è alta, ma il gesto dimostrativo. Niente merce scaricata, niente ritorsioni. La replica della tragedia è solo sfiorata. Si vede che al casello di Asti c’era più rabbia del normale.

L’ultima storia è di solidarietà, un’iniziativa chiamata: “Coraggio Italia!”. Spiegano dalla Coldiretti astigiana: «La mobilitazione Coraggio Italia! ha portato gli imprenditori agricoli a regalare ai pensionati e alle famiglie in difficoltà frutta, verdura, uova e latte rimasti bloccati nelle aziende e nei magazzini a causa dello sciopero». Nelle piazze gli agricoltori hanno offerto prodotti introvabili o acquistabili solo a prezzi esorbitanti. Un gesto riparatore. Anche le rivolte hanno una logica: c’è chi la oltrepassa e chi la riporta nei ranghi.

m.v.

 

 

Cavaglià (Fai): «Il motivo c’è»

«La protesta è giusta, le modalità sbagliate». Questo il pensiero di Sabrina Cavaglià (foto), di autotrasporti Fratelli Cavaglià di Carmagnola, nonché vicepresidente della sezione torinese della Fai, Federazione autotrasportatori italiani. L’azienda, forte di cinquanta mezzi, conosce bene i problemi del settore che da tempo è in sofferenza. «Ci sono autotrasportatori che dopo una vita sul camion si trovano a non poter più lavorare », spiega Sabrina Cavaglià.

«I rincari di gasolio, tariffe e servizi non consentono di sopportare la concorrenza a volte poco corretta. L’opinione pubblica poi considera i camionisti presenze ingombranti, senza valutare cosa vuol dire il nostro lavoro. Oggi, che sono mancati gli approvvigionamenti di alimentari e carburanti, ci si è resi conto di quanta importanza abbia il trasporto su gomma, senza considerare il tipo di lavoro che si svolge sulla strada con nebbia e intemperie e con la responsabilità della guida».

m.b.

 

Sono diventati “Tir-anni”

Per barricate, blocchi, assembramenti e sabotaggi li hannochiamati i “Tir-anni della strada”. Gli autotrasportatori hanno protestato contro gli incrementi del prezzo del carburante e delle tariffe autostradali, fermando il Paese per cinque giorni, dal 23 al 27 gennaio. Disastrosi gli esiti: distributori di benzina a secco per mancanza di rifornimenti, supermercati deserti per insufficienti provvigioni, seri danni al mercato ortofrutticolo, costretto a mandare al macero la merce non consegnata. Al dannoeconomico sui prodottimade in Italy, stimato attorno ai 150 milioni di euro, si è aggiunto il disagio relativo all’occupazione per quei centomila lavoratori dei comparti interessati, soprattutto giovani e immigrati, tanti da spingere Confagricoltura a stimare una perdita superiore alle 500 mila giornate di lavoro, pari a 30 milioni di euro di retribuzione. Molte fabbriche, tra cui Fiat, sono state costrette a chiudere i cancelli.

L’effetto, sul tessuto connettivo di un Paese già alle prese con recessione e venti finanziari ostili,nonha potuto che destare indignazione. Sebbene il quarto giorno di “barricate” il presidente Mario Monti abbia sguinzagliato la Polizia, il ministro dello sviluppo Corrado Passera ha assicurato che l’Esecutivo «ha già affrontato le problematiche del settore, individuando soluzioni ». In particolare, l’autotrasporto sarà destinatario di «una riduzione compensata dei pedaggi autostradali pari, per il 2012, a 170 milioni di euro ». Inoltre,undecreto dovrebbe assegnare al trasporto su gomma altri 400 milioni.

I camionisti però lamentanodi «non riusciread arrivare a fine mese», spiegano su Internet e dagli altoparlanti che «le strade sono la nostra casa», urlano proteste e assicurano la prosecuzione della guerriglia. L’apice è arrivato il 24 gennaio, quando un guidatore di 46 anni è stato travolto e ucciso ad Asti da una collega tedesca.Mala tragedia non ha fermato il tumulto: arresti, risse, colluttazioni di strada. Una bufera capace di stimolare importanti cambiamenti di prospettiva da parte di analisti, politici ed economisti. Prospettive riassumibili in tre punti: primo, il “potere”del trasporto su gomma, da cui dipende circa il 90 per cento delle merci di uso quotidiano, appare eccessivo.

Al proposito, il ministro dell’ambiente Corrado Clini ha promesso un tavolo di confronto per immaginare scenari alternativi. Secondo punto: l’interconnessione dell’Italia con il resto dell’Unione europea obbliga a rivedere il concetto di Paese. Il terzo nodo riguarda le condizioni di vita degli autotrasportatori, di cui bisognerà occuparsi.

m.v.

Foto di ANSA / DI MARCO

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