La Pasqua quest’anno pare giungere quasi inaspettata. Siamo così immersi in difficoltà e problemi, che ci capita di non alzare più gli occhi da essi. Se anche, a volte, sentiamo il desiderio di qualche bella notizia, per lo più i grovigli della cronaca ci deludono. Dove trovare notizie capaci di squarciare il chiuso cielo che ci sovrasta e opprime, la densa cortina che offusca il nostro orizzonte? La Pasqua è questa notizia, ha una tale capacità! Il fatto che essa ci colga di sorpresa può forse consentirci di scorgere meglio il significato e il valore della risurrezione di Gesù. Scardinando gli angusti confini che delimitano la parabola di ogni uomo, la sconfitta del Venerdì Santo, trasformatasi nella vittoria della domenica di Pasqua, ha permesso lo sbocciare di un germe di nuova vita, che la sofferenza e la morte non potranno più sconfiggere del tutto. Nell’antico tronco della dolente storia umana è innestata la gemma di un rinnovato inizio. Da quel mattino lontano 2.000 anni un inedito modello d’uomo cammina sulle strade del mondo e coltiva la prospettiva di un’esistenza nuova ed eterna. Di questa Pasqua ha bisogno la nostra umanità, abbiano bisogno noi, uomini d’oggi.
La “bella notizia” di “vita buona”, che promana dal “passaggio” di Gesù oltre la morte, è prodiga di significati anche per gli attuali tornanti della storia di singoli e comunità. Essa ci testimonia che i nostri giorni non sono fuori della “storia sacra”, che le nostre difficoltà non sono estranee al suo dinamismo di speranza e superamento. No, il cielo non è chiuso su di noi, la nostra vicenda non ha imboccato un vicolo senza uscita. Alla luce del mattino di Pasqua «il desiderio di poter guardare con speranza fondata verso il futuro» (Benedetto XVI, Messaggio per la pace 2012), non è più una pretesa assurda. «Per mezzo del Battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita » (Romani 6,4). «Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Galati 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (…). In lui (Gesù) trova compimento ogni travaglio e anelito del cuore umano». «La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione» (Benedetto XVI, Porta fidei).
È questa la consapevolezza di cui la fede ci fa dono, la apre alle sconfinate regioni di una speranza più forte del dolore e della morte e la consegna alla nostra responsabilità. Scriveva la “mistica di strada” Madeleine Delbrel: «Il cristiano ha imparato da Dio le leggi della vita eterna che germina, cresce e si espande dalla nascita alla morte. Ma, dal momento che egli è cristiano, è responsabile della germinazione, della crescita, della fecondità di questa vita eterna nell’umanità: deve proclamare queste leggi fondamentali della vita a tutte le creature, deve viverle lui stesso, viverle anche per quanti le rifiutano, attraverso l’offerta volontaria della propria vita a lui (…). Tutto ciò ha un peso incalcolabile sul destino eterno dell’intera umanità». Si tratta di un’affermazione che getta lampi di luce su aspetti essenziali della nostra fede: da una parte la bella notizia di possibilità straordinarie di speranza, gioia e vita, dall’altra la fragilità della testimonianza cui una simile ricchezza è consegnata; e ancora: l’ineludibilità della legge del dono, l’unica capace di decifrare il mistero della vita, e la fertilità straordinaria che le è intrinseca. Il “mistero pasquale” della vittoria di Gesù sulla morte, il dinamismo che sgorga dal dono della sua vita al Padre e all’umanità, si propongono a noi, uomini d’oggi, con un’immutata capacità di rompere i nostri vecchi schemi, di aprirci orizzonti di speranza e responsabilità.
Mi piace concludere con due auguri dal carattere tipicamente pasquale di speranza e vita nuova. Il primo alle famiglie, con le parole del Beato Giovanni Paolo II (Lettera alle famiglie, 1994): «Carissime famiglie, anche voi dovete essere coraggiose, sempre pronte a rendere testimonianza di quella speranza che è in voi (cfr. 1Pietro 3,15), perché radicata nel vostro cuore dal buon Pastore mediante il Vangelo. (…) Non abbiate paura dei rischi! Le forze divine sono di gran lunga più potenti delle vostre difficoltà! (…). Il buon Pastore è con noi dappertutto. Com’era a Cana di Galilea, sposo tra quegli sposi che si affidavano vicendevolmente per tutta la vita, il buon Pastore è oggi con voi come ragione di speranza, forza dei cuori, fonte di entusiasmo sempre nuovo (…)». «Gesù, il buon Pastore, ci ripete: Nonabbiate paura. Io sono con voi. “Sono con voi tutti i giorni, fino alla fine delmondo” (Matteo 28,20). Da dove tanta forza? Da dove la certezza che Tu sei con noi, anche se Ti hanno ucciso, o Figlio di Dio, e sei morto come ogni altro essere umano? Da dove questa certezza? Dice l’evangelista: “Li amò sino alla fine” (Giovanni 13,1)». «Tu dunque ci ami, Tu che sei il Primo e l’Ultimo, il Vivente; Tu che eri morto e ora vivi per sempre (cfr Apocalisse 1,17-18)». Il secondo augurio è per la nostra Chiesa, per le nostre comunità cristiane: la Pasqua del Signore produca in tutti noi vere novità di vita, affinché possiamo vincere la tentazione di pensare che il messaggio cristiano sia vecchio e superato e attingere da esso la forza per gettare di nuovo le reti, andare al largo, dare da mangiare agli uomini del nostro tempo. La risurrezione di Gesù ci riconferma che ci è stata donata la novità delle novità, ci è stato affidato in dono (da condividere) la possibilità di far rifiorire una speranza che può essere la risposta a quest’ora di tristezza e di prova. Di gran cuore, buona Pasqua a tutti.
Giacomo Lanzetti, vescovo
foto Corbis
Un pensiero per domenica
Credere, risorgere, rinascere
Celebriamo la Pasqua del Signore, la festa della vita che trionfa sulla morte in un momento storico segnato dalla crisi, dal pessimismo, dalla paura, dalla chiusura e dalla difesa di interessi corporativi. La parola di Dio può dare un po’ di speranza e di ottimismo, proiettando il nostro sguardo ad di là dei problemi del quotidiano, della paura della recessione economica, della fatica di arrivare a fine mese, in qualche modo della paura di vivere. La parola di Dio ci invita a guardare oltre e il Vangelo ci presenta tre modi di guardare a Gesù: di Maria, Pietro, Giovanni (Giovanni 20,1-9). Maria e Paolo ci indicano dove guardare .Maria di Magdala si muove per prima, con altre due donne “al levar del sole”: mossa dall’affetto e dalla carica di ricordi del suo Maestro. Essa vuole completare il rito della sepoltura; è al sepolcro per piangere. Sarà l’angelo che le appare nel sepolcro vuoto a suggerirle uno sguardo diverso: «È risorto, non è qui». Anche noi spesso cerchiamo un senso alla nostra vita, una soluzione ai nostri problemi nella direzione sbagliata, senza tenere conto né di Cristo, né della sua risurrezione. Pensiamo all’invito, in positivo, di Paolo, a «cercare le cose di lassù, non quelle della terra».
Pietro è l’uomo che fa fatica a credere: non gli basta la vista del sepolcro vuoto e dei lini per terra. Forse è ancora paralizzato dal ricordo del suo peccato, dal senso di colpa per il rinnegamento di Gesù. Solo alla sera di Pasqua, dopo aver ricevuto dal Risorto nel Cenacolo il dono del perdono e della pace, egli crederà senza riserve e diventerà il primo coraggioso testimone (Atti 10,34-43). Egli è l’emblema di tanti cristiani ancorati al “passato”. Dicono di credere alla risurrezione di Gesù di duemila anni fa e attendono un “futuro” dai contorni vaghi. Manca l’incidenza del Risorto sul “presente”. Invece è questo che deve essere illuminato, vivificato, reso gioioso e pieno di speranza dalla risurrezione di Gesù. Lo sguardo di fede di Giovanni, il “discepolo che Gesù amava”, che “vide e credette” è l’emblema di cosa dovrebbe essere la nostra Pasqua: una rinnovata voglia di correre insieme verso il Signore, un tornare a «cercare le cose di lassù» come suggerito da Paolo (Colossesi 3,1-4), un allenarsi e un aiutarsi a vicenda a scorgere e riconoscere i segni della presenza di Gesù nella nostra vita e nella nostra storia, una lettura di fede delle Scritture, per cercare di cogliere il progetto che Dio ha su di noi e sul nostro mondo. E la fede ci dice che anche oggi Dio può intervenire nella nostra realtà, per far passare anche noi, come Gesù, dalla morte alla vita.
Lidia e Battista Galvagno
A Macellai in scena la Passione di Gesù
Ventisettesima edizione della Passione vivente di Macellai, che si svolgerà la sera del Venerdì Santo, 6 aprile, con inizio alle 21. Partendo dalla piazza della frazione, la rappresentazione si svolgerà lungo la strada statale Alba- Bra, via Valentino Nuovo e strada del Roero. Dalla parrocchiale si raggiungerà un colle dove si potrà assistere alla scena del Calvario e della crocifissione. Un percorso che si snoda in sette momenti: l’ultima cena, il processo, il tradimento, l’uomo dei dolori, il pentimento, la crocifissione, (i momenti culminanti del sacrificio di Cristo, messi in scena su appositi palchi), per chiudere con la risurrezione.
La grande rappresentazione in costume, preparata con cura e passione dai parrocchiani di cui unbuon numero di giovanissimi, con giochi di luce, preghiere e canti attira ogni anno oltre mille spettatori che avranno un’occasione privilegiata per una migliore preparazione alla Pasqua. I testi sono quelli scritti 24 anni fa dallo scomparso don MasoBonamico di Sommariva del Bosco, che li adattò ispirandosi a un’antica tradizione medievale basata sul Vangelo di Giovanni, rappresentata fino al ’700. «La Passione vivente è il momento culminante di una giornata, quella del Venerdì Santo, dedicata all’adorazione e alla preghiera e tutti sono invitati a partecipare», dice don Mauro Molinaris, parroco di Macellai e Pollenzo, il quale ringrazia tutti i volontari che partecipano e rendono possibile l’evento.
fu.lo.