Nadia Pastrone, un’astigiana a capo del gruppo di fisici che lavorano allo studio del bosone di Higgs

Nadia PastroneÈ dei primi giorni di luglio la notizia della scoperta dell’esistenza del bosone di Higgs. Per capire meglio l’importanza dell’avvenimento abbiamo intervistato Nadia Pastrone, responsabile dell’esperimento Cms compiuto con l’acceleratore di particelle Lhc del Cern di Ginevra. Nata ad Asti, classe 1960, la signora Pastrone  è subentrata nel gennaio di quest’anno a un’altra donna, Marcella Diemoz. La sua attività di ricerca in fisica subnucleare con acceleratori, cominciata al Cern durante la tesi di laurea, è maturata al Fermilab di Chicago. Dal 2001 collabora all’esperimento Cms (Compact Muon Solenoid)  del Cern, a cui partecipano oltre duemila fisici di 37 Paesi. Conclusa la costruzione e l’installazione dell’apparato, è impegnata nella presa dei dati con il gruppo di Torino. Ha svolto ruoli di coordinamento nell’Infn e insegnato. Da due anni partecipa a un progetto regionale nell’ambito della diagnostica e dello studio dei beni culturali.

Cos’è il bosone di Higgs?

«Il bosone  è responsabile della massa di ogni elemento presente all’interno dell’universo visibile.  La scorsa settimana al Cern di Ginevra è stata annunciata l’evidenza di una particella con una massa pari a 133 volte quella del protone. Ciascuno dei due esperimenti (Atlas e Cms) ha fatto osservare un eccesso di eventi, rispetto alle previsioni del fondo sperimentale, con una significatività statistica di cinque deviazioni standard (5 sigma). La probabilità che l’effetto sia dovuto solo ad una fluttuazione statistica è pari a un caso su tre milioni. Solo la misura delle caratteristiche della particella, possibile con la raccolta di nuovi dati, che proseguirà fino alla fine del 2012, confermerà che si tratti proprio del bosone di Higgs, come previsto nel 1964 dal fisico britannico Peter Higgs».

Qual è la novità presentata dai ricercatori del Cern rispetto a quanto era noto?

«Il modello standard spiega tre (forte, elettromagnetica e debole) delle quattro forze fondamentali che regolano le interazioni tra le particelle elementari dell’Universo a noi visibile. Il bosone di Higgs è l’ultimo tassello della teoria, non ancora misurato finora. La scoperta è quindi fondamentale per conoscere più a fondo l’universo e la materia di cui è composto.  Lo studio delle sue caratteristiche permetterà di capire se dobbiamo aspettarci nuove scoperte».

Che tipo di esperimenti è stato necessario per ottenere questi risultati?

«Il bosone di Higgs è stato individuato grazie ad un “super acceleratore”, il Large hadron collider (Lhc), realizzato nel tunnel di 27 chilometri nei pressi del Cern di Ginevra per condurre esperimenti nel campo della fisica delle particelle. L’Lhc è in grado di accelerare protoni e ioni pesanti alla velocità della luce e successivamente di farli collidere. Grazie a questo potente e sofisticato macchinario, è stato possibile ricreare le condizioni necessarie affinché si formasse il bosone e fosse possibile catturare la sua impronta e determinarne la massa. Gli esperimenti e l’acceleratore sono il frutto della collaborazione di 53 diversi Paesi di tutto il mondo. Gli esperimenti, delle dimensioni gigantesche di un palazzo di cinque piani,  sono stati concepiti per rivelare un ampio spettro di particelle e fenomeni, generati dalle collisioni ad alta energia tra protoni o ioni pesanti prodotti all’Lhc. Lo scopo è dare risposta a domande fondamentali della scienza. Ad esempio: “di che cosa è fatto l’Universo e quali sono le forze che ne fanno parte?”; oppure “cosa dà massa a tutto ciò che ci circonda?”.  Oltre a cercare fenomeni nuovi e sconosciuti, l’esperimento misura le proprietà di particelle già note con una precisione senza precedenti. Questo tipo di ricerca scientifica non solo migliora la nostra conoscenza del funzionamento dell’Universo ma, come è successo in passato, può condurre allo sviluppo di nuove tecnologie che cambiano il mondo in cui viviamo».

Perché la notizia della conferma dell’esistenza del bosone di Higgs è così importante?

«L’uomo vuole capire l’Universo e dimostrare sperimentalmente quanto previsto dalla teoria. Mancava l’ultimo cruciale elemento: l’esistenza e la massa del bosone di Higgs. Proprio la sua misura accurata permetterà di capire l’Universo che noi conosciamo».

Quali sono gli scenari che si aprono?

«La scoperta del bosone è fondamentale per conoscere più a fondo l’Universo e la materia di cui è composto. Ma questo non è l’unico traguardo raggiunto, poiché la ricerca, alla quale hanno collaborato numerosi studiosi italiani, mette in luce anche un altro aspetto significativo: il ruolo giocato dalla tecnologia. Per studi come questo occorrono infatti strumenti potentissimi e di altissima qualità, che possono essere impiegati, con alcune modifiche, anche in altri ambiti, per esempio in medicina nucleare. Le tecnologie “estreme” impiegate negli esperimenti con l’Lhc in passato sono state  punto di partenza per la realizzazione di altre apparecchiature innovative: ad esempio la Tomografia a emissione di Positroni (Pet) e i magneti ad alto campo usati per la Risonanza magnetica (Rm). Grazie allo sviluppo delle tecnologie impiegate dalla fisica, nuove conoscenze e nuove sperimentazioni messe a punto dai fisici, applicate al campo della medicina, potrebbero portare a ulteriori scoperte o a una gestione differente delle radiazioni ionizzanti, da tempo utilizzate nella diagnosi e nella cura di numerose patologie, fra le quali i tumori. Quando furono scoperti i raggi X nessuno pensava che potessero essere usati anche in ambito medico;  le scoperte della fisica teorica sono state presto applicate alla medicina dando eccellenti risultati».

Però si parla di tagli alla ricerca…

«Il decreto sulla spending review prevede una riduzione dei trasferimenti agli enti di ricerca pari 210 milioni di euro in tre anni. Il taglio previsto grava in modo particolare sull’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn): circa 58 milioni in tre anni (9 milioni nel 2012, più di 24 milioni nel 2013 e altrettanti nel 2014)».

Che cosa comporta per la fisica italiana in generale?

«L’Infn è l’ente di ricerca italiano riconosciuto a livello internazionale per la sua qualità ed eccellenza. Il contributo dei fisici italiani all’attività di ricerca del Cern (e non solo) ci ha portati ad essere in primissima fila nella ricerca del bosone di Higgs. Lo stesso presidente Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio agli scienziati coinvolti in cui si sottolinea il rilievo internazionale della fisica italiana e il suo prestigio nel mondo. Nel corso della costruzione dell’acceleratore di particelle e degli esperimenti a Ginevra, commesse per centinaia di milioni di euro sono arrivate alle imprese italiane ad alta tecnologia, dando loro un’opportunità di crescita ed una visibilità internazionale. Ma soprattutto l’Infn  ha contribuito alla formazione di migliaia di giovani che costituiscono non solo un futuro per la fisica, ma una risorsa straordinaria per la nostra società. Lavorare in un ambiente internazionale, risolvendo problemi complessi in tempi rapidi richiede una professionalità che è possibile costruire solamente con una scuola a cui sia garantita la continuità. L’impossibilità di assumere alcuni di questi giovani, che spesso trovano invece posizioni di rilievo all’estero, è il danno peggiore che facciamo al futuro del nostro Paese. Le risorse tagliate sono, in termini assoluti, piccole, ma in termini di possibilità di operare, devastanti. L’Infn è un ente virtuoso: spende il 55 per cento del suo bilancio per gli stipendi e altre spese incomprimibili, mentre il resto viene utilizzato per progetti di ricerca. 24 milioni di euro corrispondono al 10 per cento del bilancio annuo dell’ente, ma di fatto è un taglio del 30 per cento sugli investimenti per la ricerca. Progetti come Lhc vengono discussi, approvati e realizzati con pianificazione a lungo termine.Il ruolo degli italiani in questi esperimenti è riconosciuto e premiato con posizioni di responsabilità. Questo taglio avrebbe l’effetto immediato di costringere l’Infn a rivedere i suoi impegni internazionali, danneggiando il lavoro di decenni e compromettendone la credibilità. Ricostruire la posizione attuale potrebbe essere impossibile nel medio-lungo periodo. È quindi difficile immaginare che l’Italia in futuro potrà avere un ruolo in progetti importanti come quelli che hanno portato alla scoperta del bosone di Higgs».

Adriana Riccomagno

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