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Il direttore risponde (29 gennaio)

«Forse per rilanciare l’economia serve un poco di sano altruismo»

Egregio signor Direttore, quando avevo sostenuto l’esame di economia all’università, avevo imparato che la ricchezza dipende dalla velocità con cui il denaro passa da una persona all’altra. Con i vestiti che tutti abbiamo negli armadi, possiamo vestirci per anni senza dover entrare in un negozio di abbigliamento. Si possono tagliare i capelli al marito e ai figli senza che debbano andare dal barbiere o asciugare i capelli da sole senza andare dalla pettinatrice. Si può lavare l’auto in cortile senza spendere soldi dall’autolavaggio. Si può decidere di fare una passeggiata a piedi la domenica, invece di andare al cinema. Si possono invitare gli amici a casa per una partita a carte, invece di andare al ristorante. Si può evitare di portare i figli dal dentista per mettere l’apparecchio. Si può non andare al bar per un caffè, non comprare il giornale o il settimanale, mangiare la pasta invece della carne, ecc. Si può evitare di separarsi per non avere le spese dell’avvocato e degli alimenti! Insomma ci sono molti modi per non spendere denaro, in attesa di sapere se la crisi passerà prima che i nostri risparmi finiscano! Così facendo, però, commessi, parrucchieri, baristi, edicolanti, giornalisti, macellai, dentisti, cuochi e molti altri perderebbero il lavoro. Non guadagnando più, anche loro non potrebbero più permettersi di acquistare prodotti fatti con il lavoro di altre persone, dall’agricoltore al metalmeccanico. Come si fa a incassare l’Iva se nessuno compra più? Come si fa a pagare l’Irpef se non si ha uno stipendio o un guadagno? E l’Imu se si è costretti a vendere la casa? Anche il mercato immobiliare crollerebbe se tutti volessero vendere la casa perché non possono più permettersela o perché hanno bisogno di soldi per continuare a mantenere la famiglia! Quale ricetta possiamo mettere in pratica per uscire da questo avvitamento su noi stessi? Forse un po’ di sano altruismo!

Ada Toso, Diano

Gli stessi economisti non sembrano avere le idee molto chiare su come affrontare e risolvere la crisi in cui ci troviamo. Non si trova una ricetta risolutiva e definitiva. Però possiamo fare qualche ragionamento di fondo. La nostra economia è basata sul mercato, sull’accumulo, sul possesso. Ma l’attuale crisi sta facendo dubitare molti della bontà di questa prospettiva. C’è però un’altra possibile logica economica, basata sul dono, sulla gratuità, sulla solidarietà. Ne parla il Papa nell’enciclica Caritas in Veritate. Così la spiega l’economista Stefano Zamagni: «Il messaggio che la Caritas in Veritate ci lascia è quello di pensare la gratuità, e dunque la fraternità, come cifra della condizione umana e quindi di vedere nell’esercizio del dono il presupposto indispensabile affinché Stato e mercato possano funzionare avendo di mira il bene comune». Mi viene in mente un piccolo esempio. Recentemente ho moderato un convegno organizzato dai Salesiani. In una delle relazioni, il capo del personale di una grossa industria ha raccontato questo progetto: la sua azienda ha deciso di fornire gratuitamente le scuole professionali salesiane di costosi strumenti per formare meccanici specializzati. I suoi capi gli avevano obiettato: è vero che i meccanici formati da queste scuole saranno preparati meglio degli altri, ma in questo modo possiamo favorire i nostri concorrenti, i quali avranno a disposizione persone preparate senza aver speso nulla. Il dirigente ha risposto: se ragioniamo così non avremo nemmeno noi personale preparato e già pronto. Sta a noi riuscire a legare alla nostra azienda questi giovani. La logica del dono, della gratuità, del dare per creare relazioni, legami, la logica della solidarietà è funzionante anche dal punto di vista economico. Pensa al bene comune. E crea la prospettiva di una società migliore, che offra oltre all’efficienza e alla giustizia, la gioia di vivere. La gioia che viene solo dal donare.

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