Ultime notizie

Da Canelli alla Guinea: il viaggio umanitario di Bertola

Sul molo di Genova da dove partono i traghetti per Tangeri in Marocco è ormai buio, fa freddo e con l’ambulanza saliamo sulla rampa del traghetto seguiti da una coda di furgoni e auto frettolosi di essere a bordo. I più hanno scelto di dormire per due giorni sul ponte distesi a terra, ci sono bambini, donne, uomini e ragazzi, sul volto si legge la serenità di tornare a casa carichi zeppi di mercanzia, la maggioranza è costituita da piccoli commercianti magari ambulanti. Sulla nave facciamo la conoscenza di una coppia di milanesi che con amici e in camper vogliono andare fino in Guinea Bissau e fermarsi tre mesi, beati loro che hanno tempo! Noi, cioè io, Bruno Fantozzi (ex farmacista), Marzio Gandini (ematologo), il geometra Piergabriele Riccio non nuovo a questi viaggi, prendiamo posto nella cabina.

Dopo due giorni di ottima navigazione compare all’improvviso il sole e la temperatura non è più quella fredda dell’Europa ma mite, tiepida della prima terra africana. È da qui che comincia il lungo viaggio via terra di circa 4.500 chilometri per portare l’ambulanza carica di materiale sanitario con meta l’ospedale di Labè in Guinea, stato incuneato fra il Malì, il Senegal, la Costa d’Avorio, la Liberia, la Sierra Leone e la Guinea Bissau.

Come sempre abbiamo portato anche il vino di Giuseppe Bocchino di Canelli che ci servirà ad ammorbidire qualche doganiere un po’ troppo rigido e da donare agli amici africani che ci hanno aiutato, a cominciare dalla nostra ambasciata a Dakar in Senegal. Infatti, come previsto riusciamo a convertire un’onerosa multa con due bottiglie di Moscato d’Asti!

Bruno che è il responsabile dei viveri ha anche portato uno scatolone di ottime mele e kiwi di sua produzione oltre, naturalmente, la scorta di viveri e acqua per tutto il viaggio, ha pensato anche alla colazione e ai dolci di fine pasto, non ci manca proprio nulla.

Attraversato il Marocco e l’ex Sahara occidentale non senza aver incontrato numerosi posti di blocco (ricordiamoci che da queste parti è attivo il “Fronte Polisario” che rivendica il territorio attualmente occupato dal Marocco) entriamo senza troppi intoppi in Mauritania non prima di esserci “goduti” un insabbiamento nella critica terra di nessuno al confine con il Marocco.

A Nouadhibou in Mauritania veniamo ospitati da padre Jerome della missione cattolica che gradisce molto il nuovo calcio balilla professionale, oltre a materiale scolastico, magliette e scarpine per i suoi tanti bambini. L’alloggiamento è spartano ma pulito e funzionale e da qui teniamo il primo “collegamento” con Gazzetta d’Alba. Il mattino dopo Marzio decide di fermarsi per poter seguire le pratiche per fare operare una bimba di un anno per un grave idrocefalo  (testa grande),  m’impegno ad aiutarlo per la pratiche burocratiche in ambasciata in Senegal. La bimba soffre di una grave malformazione al cervello che mi lascia molto perplesso.

Ripartiamo e dopo due giorni arriviamo in Senegal, a Saint Louis. Abbiamo attraversato tutta la Mauritania in un tripudio di colori, dal rosa al giallo ocra, dal rosso al marrone, con un tramonto infuocato da mozzafiato. Per passare il confine dobbiamo utilizzare un traghetto che attraversa il fiume Senegal e per le pratiche complessive rimaniamo in dogana per oltre sette ore. Il giorno successivo siamo a Dakar dai salesiani che ci accolgono a braccia aperte e partecipiamo alla festa di Don Bosco. Il solito clima festaiolo e allegro che abbiamo sempre visto dai salesiani ci rimette un po’ in tono perché il viaggio con tutti i mille imprevisti e intoppi burocratici comincia a pesare. Non sappiamo, però che il bello dovrà ancora venire.

Carmelo, un caro amico di Milano, ci aveva avvertito e fornito mille indicazioni e consigli sull’itinerario in Guinea, consigliandoci anche una sosta al villaggio dell’orfanotrofio di  Riccardo sulla costa atlantica. Dopo una sosta a Tambacounda, anche qui dai salesiani dove possiamo cenare e riposarci, nella notte successiva arriviamo in Guinea e, data l’ora tarda, dobbiamo pernottare nella prima cittadina di confine, Koundara, dove i doganieri ci avvertono che potremo partire il giorno successivo ma non per Labè bensì per Conakry, la capitale distante oltre 600 chilometri. Dovremo portare però un loro pacco alla dogana centrale e accettare la scorta di un loro funzionario. So che in questi casi è sempre meglio essere pazienti e il giorno dopo comincia un vero calvario attraverso una delle zone più affascinanti  della  Guinea: siamo in piena Africa con tanto di foresta, savana, tantissimi corsi d’acqua, scimmie, serpenti, oltre 330 chilometri di piste rosse con grandi voragini, i ponti difficili da attraversare perché spesso rotti e traballanti.

Non di rado incontriamo ragazzine che vendono frutta che noi comperiamo. In un villaggio dobbiamo caricare numerose taniche di benzina e altro materiale per aiutare un tizio amico del funzionario di dogana il cui mezzo si è bloccato nel mezzo della foresta. In tutti i villaggi che incontriamo, non molti per la verità, siamo salutati con simpatia da tutti.

A un certo punto devo infilarmi sotto il mezzo per legare un pannello di plastica che si è staccato per i colpi e sassi della pista. L’esperienza di Bruno, veterano di viaggi africani con attraversamento di piste e deserti, ci ha aiutato moltissimo perché lui ha guidato attraverso la foresta senza particolari intoppi. Nelle dodici ore di viaggio abbiamo incontrato rarissimi camion e nessun distributore di benzina, avevamo le provvidenziali taniche piene di carburante. Alla dieci di sera, completamente ricoperti di fine polvere rossa, arriviamo nel piccolo paese di Bokè dove pernottiamo e possiamo fare una doccia anche se l’acqua fredda arriva con il contagocce. Il giorno successivo possiamo entrare a Conakry dopo aver guidato attraverso un traffico impressionante per il caos immersi in una cappa di fumi irrespirabili. L’arcivescovado della città ci accoglie offrendoci per cena un enorme pesce alla griglia.

La periferia della città è una grande bidonville, ma molto raramente siamo importunati con la solita richiesta di soldi. Qui vendono di tutto e a prezzi molto convenienti perché con la svalutazione, il cambio con l’euro è molto vantaggioso: una normale bibita costa l’equivalente di 30 centesimi di euro, il pane ancora meno.

Ci vogliono due giorni di estenuanti procedure burocratiche e grazie a un bravo funzionario del Governo, un  certo Abass contattato dall’amica Silvana Cavallo di Castino, che ci ha seguito fino al termine della procedura, riusciamo finalmente a sdoganare l’ambulanza e persino a farla lavare.

Il mattino successivo siamo ospitati  dalla moglie del presidente della repubblica nella sua residenza: ci ringrazia per l’ambulanza e il materiale sanitario, augurandoci di continuare nella collaborazione con loro. È una giovane e intelligente donna presidente della fondazione per la cura dell’infanzia e della maternità. Siamo soddisfatti, abbiamo portato a termine il nostro compito.

Prima di rientrare in Italia siamo anche riusciti a vedere una perla nella foresta: a Boffa, una coppia di bresciani (Daniela e Riccardo) in età di pensione ha creato dal nulla con le loro mani un magnifico villaggio per seguire, ospitare, sfamare, istruire ed educare 450 bambini orfani. Dalle loro gesta trapela un grande amore per questi bambini che li considerano i loro figli.

Personalmente ho visitato circa 150 bambini in due mezze giornate li ho trovati in ottima salute e in buono stato di nutrizione. Ci è stato chiesto un aiuto finanziario per l’acquisto del riso: i bambini qui hanno un appetito formidabile anche perché tanti devono camminare a piedi anche per dieci chilometri per arrivare alle otto del mattino, puntuali per l’alzabandiera. Una breve cerimonia che viene ripetuta ogni giorno.

Prima di ripartire siamo tornati a Dakar dove ho potuto visitare la piccola Adjia che avevo fatto operare al cuore nel settembre scorso al Gaslini di Genova. Ora la piccola va a scuola, è molto attiva, corre e gioca con i suoi coetanei. Prima non poteva salire neppure un piano di scale da sola.

Infine, un grazie particolare alla Gazzetta d’Alba per l’ospitalità e per averci seguiti per tutto il viaggio, a Silvana Cavallo di Castino per l’organizzazione in Guinea e a tutti coloro che in Italia e lungo il viaggio ci hanno aiutato finanziariamente o con consigli. Grazie a tutti i bambini africani che, con la loro semplice giovialità, ci hanno trasmesso la gioia di vivere, apprezzando le cose che tutti i giorni la vita ci regala come anche la sofferenza, che in quei posti è quotidiana, ma affrontata con serenità.

Pier Luigi Bertola

 

Banner Gazzetta d'Alba