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Il direttore risponde (26 febbraio)

«Cari sacerdoti, serve una fede intrecciata di quotidiano»

Gentile Direttore, da cristiani laici impegnati nel contesto parrocchiale non possiamo non riflettere su come la fede e la testimonianza cristiana siano quotidianamente messi in discussione: dalla giornata del Seminario, alla festa della vita consacrata siamo stati invitati a pregare per le vocazioni sempre più misere, ma anche a livello di partecipazione parrocchiale laica, a parte alcune mosche bianche, pare ormai certo un disinteressamento e una disaffezione alla sequela di Cristo. Due occasioni nell’ultima settimana mi hanno però portato a riflettere. Giovedì scorso nell’oratorio del Duomo padre Serafino Chiesa (fratello di don Gino) ha portato la sua esperienza di vita a Kami. Ascoltando i sentimenti del suo narrare sono tornato a casa con una grande gioia nel cuore: in Serafino trovi la vera vita spesa per Cristo! Fatta sì di Messe e incontri di fede con i suoi popoli, ma fatta soprattutto di ascolto e di aiuto, fatta di ore passate su una pericolosa strada cercando di aggiustare il compressore dei minatori! Questa è la fede vera che noi laici cerchiamo per innamorarci ogni giorno di Cristo! Una fede intrecciata di quotidiano! Gesù ha sempre parlato al cuore della gente partendo dai pani e dai pesci, parlando di vite e tralci! La grande forza del messaggio del Nazzareno è sempre stata la concretezza, proprio come Serafino! Ecco forse una vera novità su cui meditare in questa nuova Quaresima, per noi laici ma soprattutto per chi, elevato su un pulpito, a volte dimentica la dimensione umana del sacerdozio! È bello pensare che i nostri pastori dialoghino con noi, in mezzo a noi, con le mani sporche del lavoro quotidiano di noi parrocchiani! L’augurio che, da laico, vorrei fare ai nostri cari sacerdoti è proprio questo. Infine la novità di un Papa che cosciente della sua fragilità umana ha il coraggio di rimettere il suo mandato perché la vigna del Signore è troppo pesante da coltivare. Per noi laici ma anche per chi guida le comunità e la nostra Diocesi è bello pensare che non si debba continuamente fare, ma a volte sia meglio fermarsi a pensare e chiedersi se c’è ancora quella capacità di essere incisivi e accattivanti: magari scopriamo che, illuminati dal dialogo vero con Cristo, è meglio cedere il testimone.

Un laico impegnato

Una fede intrecciata di quotidiano. Mi ha colpito, questa espressione. Non è un caso se Benedetto XVI ha indetto l’Anno della fede. Oggi infatti noi cristiani viviamo un periodo di crisi profonda, non siamo più significativi, sembra che non abbiamo nulla da dire. La nostra fede è diventata un insieme di norme, appare come una serie di divieti, al massimo viene intesa come un pacchetto di valori. Non ha a che fare con la vita, con il quotidiano. È una faccenda personale, talmente individuale e soggettiva da essere trascurabile, di fronte a tutto quello che c’è da fare ogni giorno. In qualche caso, poi, la stessa fede è strumentalizzata per avere potere, onore, prestigio, per scopi politici o partitici. Per questo la rinuncia di Benedetto XVI al ministero petrino è un segno forte, di rinuncia al potere per far riscoprire l’essenziale, la fede che ha come centro il Signore Gesù Cristo. Una riflessione adeguata sulla fede richiederebbe molto spazio. Mi limito perciò ad alcuni passi dell’omelia di papa Ratzinger per l’apertura dell’Anno della fede: «Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione, non è per onorare una ricorrenza,maperché ce n’è bisogno (…). In questi decenni è avanzata una “desertificazione” spirituale. (…) È il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto, che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada».

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