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Perché ancora la QUARESIMA

Il vescovo Giacomo Lanzetti sollecita a non “sprecare” un’occasione favorevole per ritornare a Dio in novità di vita

La Chiesa quest’anno sembra avere particolarmente fretta di introdurci in una Quaresima a ridosso di un breve carnevale. A ben guardare questo fatto può racchiudere un significato di non poco conto: abbiamo certo bisogno di spensieratezza e di festa, ma né i tempi in cui viviamo né la nostra condizione di persone e di cristiani possono esonerarci dall’affrettarci a guardare in faccia la realtà e assumerci tutte le nostre responsabilità. I tempi sono difficili e la nostra realizzazione in essi non ci può concedere troppe distrazioni. A rischio di apparire il venditore di un “prodotto” non granché richiesto dal “mercato”, sento l’urgenza di invitare me e voi, cristiani della Diocesi, a considerare l’imminente Quaresima come «momento favorevole», come «il giorno della salvezza» (Mercoledì delle ceneri, II lettura).

Quaresima: dono di grazia

Numerosi motivi mi inducono a confidare di essere compreso. Già come donne e uomini del nostro tempo, sentiamo di dovere fare appello alle nostre migliori energie per rinnovare noi e il nostro mondo in un momento in cui stanchezza e sfiducia costituiscono le sfide più esigenti. Lo possiamo fare dando ascolto, più e meglio che in passato, al bisogno di spiritualità, cioè di liberazione e autenticità che profondamente ci abitano. Ciò può avvenire prendendo sul serio la capacità, che pure è inscritta nella nostra fragilità, di compiere scelte impegnative, importanti, anche decisive. Ci è già successo di compierne. Siamo chiamati ogni giorno a verificarne la consistenza e la coerenza. La Quaresima ci si offre come tempo di grandi scelte, personali e comunitarie, da fare e da rinnovare. La tradizione della Chiesa possiede al riguardo una parola che, per quanto antica, pretende da noi un’adesione nuova e convinta: conversione. Essa ci addita un impegno che si scontra nel quotidiano con la fatica della coerenza e delle scelte concrete, le quali spesso rischiano di perdere di vista senso e direzione che sole possono motivarle.

“Riconoscersi ” e ritrovare se stessi

I tempi forti dell’anno liturgico hanno la medesima valenza dei fatti fuori dall’ordinario che ci succedono: ci scuotono, ci interpellano, ci costringono a rientrare in noi stessi, a confrontarci con questioni che siamo portati ad accantonare, in una parola a essere veri e sinceri. La Quaresima ha questa funzione: collocarci di fronte a noi stessi e riconoscerci quali realmente siamo. Non è un’impresa né facile, né indolore. Richiede impegno e non è immune da qualche sofferenza. Per questo non è immediata, può non piacere, parecchi preferiscono evitarla. Eppure è importante e condizione indispensabile di maturazione e crescita.

Convertirci per Dio e per gli altri

Infatti, la prima consapevolezza a cui ci chiama è di riconoscerci sempre in cammino, e dunque non ancora arrivati, non ancora perfetti. Sia come persone, sia come cristiani, nessuno – senza peccare di presunzione – può ritenersi realizzato al massimo grado. Sia la ricchezza dell’umanità che la completezza della santità sono traguardi talmente elevati da pretendere da tutti noi un’instancabile marcia di avvicinamento, una quotidiana ascesi. Se nella crescita, continua e mai completa, che è la nostra vita, ci scoprissimo troppo stanchi e persino immobili, la Quaresima ci offre l’occasione e lo stimolo per rimetterci in marcia, tenendo presente che la meta della conversione, mai definitivamente conseguita, consiste essenzialmente nel sostituire all’amore di noi stessi quello per Dio e per il prossimo.

Dio al centro della nostra vita

Già questa semplice formulazione lascia intravedere una radicalità che necessita di molto tempo e di continui aggiustamenti e prove. Per questo non avremo mai finito di convertirci. E tuttavia ci riuscirà più facile se ci riconosceremo, realisticamente e umilmente, bisognosi di aiuto (diciamo la parola), della salvezza di Gesù. Infatti, al fondo della Quaresima e delle sue istanze, al suo centro, sta la persona di Gesù: egli ci si ripresenta nei quaranta giorni passati nel deserto – a imitazione della lunga marcia del popolo eletto verso la terra promessa – a ribadire la volontà di aderire alla volontà del Padre. Per lui la terra promessa, il compimento della sua missione, è la Pasqua di morte e risurrezione. Essa pure per noi costituisce un bagaglio (“mistero”) di energia e vita nuova, che la Chiesa si incarica di rendere attuale e disponibile anche oggi. I Vangeli di queste cinque domeniche, sulla scorta di Luca, illustrano assai efficacemente questi temi, con una ricchezza che qui posso solo sfiorare e invitare ad approfondire.

Preghiera, elemosina, digiuno

Già il Mercoledì delle ceneri imprime una forte carica di serietà all’impegno che ci attende, additando un programma di vita quaresimale centrato attorno ai tre fondamentali temi dell’elemosina, della preghiera e del digiuno, da praticarsi nell’interiorità e nell’impegno esistenziale e sociale, contro l’ipocrisia, l’ostentazione e la ritualità esteriore.

Le tentazioni di Gesù

La I domenica (17 febbraio) ci presenta le tentazioni di Gesù non solo come paradigma delle nostre, ma come itinerario del suo spirito a un’adesione piena e convinta alla volontà del Padre, che è la meta anche della nostra vita di fede.

La Trasfigurazione. Il chiaroscuro della fede

La II domenica (24 febbraio) illustra con l’episodio della Trasfigurazione la seconda teofania del N.T., quasi a fornire anche alla nostra fede, sempre in bilico e in prova, un anticipo della bellezza della Pasqua e della gioia del paradiso: ogni nostra iniziativa di conversione – simboleggiata dalla fatica della salita verso il Tabor – non è nulla a confronto del dono con cui Dio non solo ci attende, ma ci guida e accompagna.

La pazienza di Dio e la nostra impazienza

La III domenica (3 marzo), prendendo spunto da due fatti di cronaca oggetto di discussione e interpretazioni contrastanti, ci ricorda un carattere della nostra condizione che, per essere intrinseco e radicale, rischia di non essere preso troppo sul serio: la storia è breve e spesso spezzata all’improvviso; non si devono lasciare cadere nel vuoto gli appelli e i messaggi di Dio, perché possono essere definitivi.

La festa del perdono e la gioia di ritrovarsi in Dio

La IV domenica (10 marzo) presenta la parabola del “figlio prodigo”, oggi meglio definita del “padre misericordioso”: siamo figli in una famiglia di fratelli, siamo capaci di coerenza ma anche di tradimento; ma niente è paragonabile alla bontà del Padre, alla sua capacità di attesa e di perdono. Non è mai tardi per tornare a casa!

Non pietre, ma amore che rigenera

La V domenica (17 marzo) attinge dal Vangelo di Giovanni l’episodio della donna adultera, che Gesù non condanna, ma alla quale apre un’umanamente insperata possibilità di redenzione e vita nuova. Come a noi, ogni volta che con fiducia alziamo il volto a colui che conosce il cuore umano più a fondo di noi stessi. Cari fratelli nella fede, mi rendo conto di non avervi additato nulla che abbia la pretesa di meritare il vostro immediato consenso. Come cristiano e come vescovo non posso nascondere – né a voi né a me – la serietà della fede cristiana (e prima della vocazione umana di ciascuno). So di poter fare appello a un dinamismo interiore che ci abita e ci invita a guardare al Signore, ad accogliere l’oggi della salvezza e il dono della speranza che la Quaresima ci ripropone, al di là di ogni nostro impegno. Il significato di fondo e la ricchezza principale dell’esperienza cristiana è che noi siamo trasformati e diventiamo nuove creature nell’incontro personale con Cristo. Auguro di cuore una buona, proficua, intensa Quaresima, perché la novità di vita del Risorto possa suscitare echi profondi in tutti noi.

+ Giacomo Lanzetti, vescovo di Alba

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