Il direttore risponde (12 marzo)

«Forse il cardinale Ratzinger ha avuto lungimiranza teologica»

Gentile Direttore, la Chiesa cattolica è in attesa del Pastore che sarà chiamato a guidarla dopo il pontificato del cardinale Joseph Ratzinger. Mi rivolgo a lui chiamandolo così “cardinale Ratzinger”, perché così l’ho teologicamente e intellettualmente conosciuto. Infatti associo e ho sempre associato il suo nome a un acuto teologo e pensatore oltre che a un uomo di Dio, da quando studente trascorrevo alcune ore del sabato a discutere di teologia e filosofia con il “nostro” don Natale Bussi. Ho conosciuto un poco di quei teologi che entrambi, don Bussi come il cardinale Ratzinger, avevano profondamente studiato e alcuni dei quali personalmente conosciuto quando parteciparono nel modo in cui fu loro chiesto al Concilio Vaticano II: penso ad Hans Küng, Edward Schillebeeckx, ma anche Henri De Lubac, Yves Congar. Oggi il mio pensiero va a entrambi, ai loro contenuti teologici. E mi piace continuare a chiamarlo così il “Papa emerito” Benedetto XVI: “cardinale Ratzinger”, per la grande eredità di pensiero per tutta la Chiesa e la società. Tanto si è scritto in queste settimane sui giornali di tutto il mondo sulla decisione di Benedetto XVI e sulle ragioni. Una cosa credo e mi piace pensare: forse il cardinale Joseph Ratzinger ancora una volta ha saputo vedere il futuro teologico con illuminata intelligenza e intuizione guidate da quel radicale modernismo che contrassegnò la sua ricerca e la sua esistenza.

Ivana Borsa, Irlanda

Proprio oggi si apre il conclave che eleggerà il successore di Benedetto XVI. Confesso che mi danno fastidio le dietrologie e il totopapa che impazzano in questi giorni. Anche se capisco che i giornalisti fanno solo il loro mestiere e che la gente desidera sapere qualcosa di più. Nell’attesa è però bene non dimenticarci del Papaemerito, JosephRatzinger. Come ci invita a fare la nostra lettrice. Egli passerà alla storia per il gesto conclusivo del suo pontificato. Tuttavia ha lasciato sia da Papa sia da vescovo e ancor prima da teologo una serie di scritti straordinari. Mi piace ricordarne in particolare uno, Introduzione al cristianesimo, pubblicato nel 1969, in cui il professor Ratzinger presentava il cristianesimo spiegando il Simbolo degli apostoli, una delle più antiche sintesi della fede. Sono affezionato a questo libro perché è il primo testo serio di teologia che ho letto, nel lontano 1982. Il linguaggio non era facile, la lettura mi ha richiesto un grande impegno, ma la profondità di pensiero, l’intelligenza e la fede dell’autore hanno reso la fatica molto appagante. Ne cito solo un brano particolarmente significativo: «La fede è trovare un “tu” che mi sostiene e che, nell’incompiutezza e nella profonda inappagabilità di ogni incontro umano, mi accorda la promessa di un amore indistruttibile, che non solo aspira all’eternità,mace la dona». «La fede cristiana», continua Ratzinger, «vive del fatto che non solo esiste obiettivamente un senso, ma che questo senso mi conosce e mi ama. Conseguentemente, fede, fiducia e amore formano in ultima analisi un tutto unico e tutti i contenuti, attorno a cui la fede ruota, sono unicamente concretizzazioni di quella svolta che sostiene tutto, dell’“io credo in te”, ossia della scoperta di Dio guardando il volto dell’uomo Gesù di Nazareth».

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