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Quanto cibo sprecato, mentre tanti subiscono gli effetti della crisi

Domenica 26 maggio ho preso parte all’annuale assemblea dei soci della Banca d’Alba, che ormai da tempo rappresenta un evento di grande rilievo per Alba e il suo territorio e un’occasione di aggregazione e di festa per migliaia di persone. Nel rivolgere un plauso e un personale ringraziamento alla Banca stessa per l’ospitalità e per il notevole sforzo organizzativo e logistico, mi permetto un’osservazione su quanto ho notato nel servizio buffet offerto agli intervenuti, dove da anni opero come volontario alla distribuzione dei pasti. Vedere lasciati sui tavoli bicchieri di vino e di acqua pieni, piatti interi di cibo avanzati, porzioni intatte gettate nella spazzatura e i relativi cassonetti stracolmi a fine giornata fa riflettere sulla dilagante maleducazione al giorno d’oggi, specialmente se mostrata da persone di ogni età. Lungi da me qualunque tipo di morale, mi chiedo se davvero esista un senso anche minimo di coscienza e di rispetto in un momento molto delicato e nel quale molti cittadini faticano ad arrivare a fine mese e in tante parti del mondo non hanno di che sfamarsi. Certamente le cose gratuite fanno sempre scattare nella mente di molti un atteggiamento superficiale e disinteressato, ma davvero è triste constatare tanto spreco quando si è chiamati a sostenere sacrifici e ad accettare continui ridimensionamenti. Non sono il solo ad averlo notato e spero che questo messaggio giunga anche a chi preparerà la prossima assemblea, magari con l’aggiunta di qualche giusto richiamo al risparmio, in tutti i suoi significati.

Guido Artusio, Diano

Il Vangelo di domenica scorsa, solennità del Corpo e Sangue di Cristo, ben si adatta al richiamo e alla riflessione del nostro lettore. Narrava l’episodio della moltiplicazione dei pani da parte di Gesù, per sfamare la folla. «Tutti mangiarono a sazietà», concludeva l’evangelista Luca, «e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste». Nella cultura del tempo, ma anche nella nostra, il pane era il simbolo del cibo, di ciò che ci mantiene in vita. Nella stessa preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre nostro, chiediamo che Dio ci doni il pane quotidiano. Il pane, il cibo non si possono sprecare. Quello che avanza va raccolto. Dal punto di vista pratico non è molto facile evitare gli sprechi ed è forse troppo moralistico e retorico semplicemente pensare ai tanti che muoiono di fame. Bisognerebbe invece trovare strade tecnicamente percorribili per distribuire il cibo a chi ha bisogno. Ma qualcosa possiamo fare tutti, ogni giorno, per cambiare mentalità. Io sono nato negli anni Sessanta, allora da noi nessuno soffriva davvero la fame, ma ho imparato in casa a non sprecare quello che avevo nel piatto. Ancora oggi non riesco a lasciare avanzi anche quando quello che ho davanti non mi piace particolarmente. Non dobbiamo rimpiangere le epoche passate, ma la crisi attuale deve indurci a un senso di solidarietà con chi ha perso il lavoro, fa fatica a mettere insieme i pasti quotidiani. Questo inizia anche da una maggiore sobrietà, da una giusta misura, dall’evitare sprechi. Che si impara prima di tutto in famiglia.

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