A Venezia trionfa Gianfranco Rosi

VENEZIA La 70° edizione della Mostra del cinema di Venezia è stata vinta da un film italiano, Sacro GRA di Gianfranco Rosi. Non succedeva dal 1998, anno in cui vinse Così ridevano di Gianni Amelio: ma questo premio assegnato da un italiano – Bernardo Bertolucci, presidente di Giuria – a un altro italiano, più che suscitare sospetti suona come il giusto riconoscimento a quel cinema documentario di casa nostra che si produce da anni, che è tra i migliori al mondo, ma che fino a ora non aveva avuto riconoscimenti.

Sacro GRA è un documentario che racconta le vite delle persone che vivono ai margini del mitico, orribile Grande Raccordo Anulare di Roma, tipico non-luogo urbano che Rosi rende vivo e umano grazie a volti e storie bellissime. Ne nasce un film toccante e geniale che per fortuna tutti avranno la possibilità di vedere a partire dal 26 settembre, quando uscirà nelle sale.

Gli altri premi della Mostra sorprendono di meno o deludono. Se infatti il Gran premio della giuria al taiwanese Tsai Ming Liang e al suo Stray Dogs è sacrosanto, e così il Premio speciale al tedesco Die Frau des Polizisten di Philip Gröning, film potentissimo di cui abbiamo scritto la scorsa settimana, i riconoscimenti alla regia e all’interpretazione maschile al greco Miss Violence di Alexandros Avranas suona come un abbaglio di fronte a un cinema volutamente disturbante (il film legge il declino della Grecia attraverso l’orrore domestico di una famiglia violentata da un padre incestuoso) ma fasullo.

Resta, in generale, la sensazione di una Mostra che ha forse perso l’autorevolezza di un tempo, che patisce l’insano piacere della stampa italiana nello sparlare delle cose di casa propria, ma che di fronte alla crisi di credibilità del nostro Paese sa ancora fare il suo dovere: proporre, cioè, un cinema di ricerca che sappia avvicinarsi al pubblico. E Sacro GRA sembra il film perfetto, e per una volta il cinema d’autore italiano potrebbe uscire dalla sua nicchia. I premi, e prima ancora i festival, servono a questo.

Roberto Manassero

 

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