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23 quintali di uva in carcere

ALBA La quinta vendemmia nella casa circondariale “Giuseppe Montalto” ha seguito i ritmi di quella che si sta svolgendo di là del muro di cinta, sulle colline di Langa e Roero. Anche tra i filari all’interno del carcere albese l’uva è stata raccolta con qualche giorno di ritardo rispetto agli anni scorsi, ma le prospettive sono molto interessanti. La qualità dell’uva è buona e la quantità è maggiore rispetto al passato. I filari curati dai detenuti hanno prodotto quest’anno 23 quintali di uva (dolcetto, barbera, nebbiolo e cortese) dai quali si ricaverà il vino rosso da tavola Valelapena. La nuova annata nasce quindi sotto buoni auspici.

Giovedì scorso una decina di detenuti ha raccolto le uve, che sono poi state portate alla Scuola enologica, dove gli studenti del sesto anno seguiranno le varie fasi produttive.

Il Valelapena 2013 sarà disponibile in primavera, mentre sta procedendo bene la vendita del vino del 2012.

Il commento dell’agronomo Giovanni Bertello, che da anni segue i progetti agricoli nella Casa circondariale albese, è sulla stessa linea di quelli dei vignaioli che in queste settimane Gazzetta sta interpellando per parlare di vendemmia. «È stata un’annata molto difficile a causa della primavera fredda e piovosa. Per fortuna, a settembre il clima è stato ideale, con giornate calde e notti fresche. L’uva bianca è di qualità eccezionale, ma anche quella rossa è ottima», afferma Bertello.

Il Valelapena è il prodotto di punta dell’attività agroalimentare che si svolge nella Casa circondariale della capitale delle Langhe, ma al vino si è ora affiancato anche il miele Dolce bottino, realizzato col supporto dell’apicoltrice Silvia Di Stefano, di Moncalieri. La prima produzione è stata di 160 chili, pari a 320 vasetti. E in futuro potrebbero arrivare anche i dolci, grazie a un progetto che sta prendendo forma in collaborazione con la Scuola di arte bianca di Neive, con lezioni di pasticceria nelle cucine del carcere.

«Si tratta di iniziative che i detenuti accolgono con favore. Da parte loro c’è interesse e partecipazione, anche perché possono vedere e toccare con mano il frutto del loro lavoro», commenta la direttrice della Casa circondariale Giuseppina Piscioneri.

Corrado Olocco

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