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Ecco perché non ho rinnovato l’abbonamento a Gazzetta

Campagne elettorali senza contenuti per chi cerca solo poltrone

Egregio direttore, ho ricevuto un sollecito per il rinnovo dell’abbonamento a Gazzetta d’Alba scaduto: ho deciso di non rinnovarlo; le spiego perché. Appartengo, meglio, appartenevo alla classe media; ma da quando nel 2001 sono andato in pensione, il potere d’acquisto della mia pensione si è ridotto del 45%: da qui la necessità di contenere le spese. Non che non possa spendere i 50 euro per rinnovare l’abbonamento, ma ciò che mi induce a contenere, drasticamente, le spese non indispensabili è la preoccupazione di non essere in grado, nel futuro, di provvedere alle necessità della mia famiglia; non vedo, infatti, mettere in atto politiche capaci di imprimere una svolta positiva alla crisi che, da tempo, colpisce la maggior parte dei cittadini. Sono pessimista: l’élite politica, culturale ed economica, che da 30 anni si è impadronita del potere, è riuscita a concentrare nelle mani del 10% delle famiglie il 45% della ricchezza nazionale; il 90% delle famiglie si spartisce il restante 55%. Penso essere questo il risultato di scelte che partono dagli anni ’80, quando le forze politiche e sindacali insieme con quelle imprenditoriali, si accordarono per perseguire l’appiattimento, verso il basso, delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, privilegiando il principio dell’uguaglianza rispetto a quello del merito. La mia visione pessimista è, da ultimo, alimentata dalla constatazione che la classe dirigente dominante, non ha saputo contenere la corruzione, non ha contrastato l’evasione fiscale. Speriamo che la disperazione di troppi non porti a situazioni difficilmente gestibili.

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don antonio rizzolo “È sparita la classe media”. Così titolavamo nelle scorse settimane un nostro articolo, all’interno di un’inchiesta sulla difficile situazione economica. Questa lettera ne è una testimonianza. Secondo l’indagine Demos-Coop citata nell’articolo, nel 2006 quasi il 60 per cento degli italiani si collocava nel ceto medio. Oggi si considera della middle-class solo il 40 per cento dei lavoratori autonomi. Mentre in generale le persone si considerano in fondo alla scala sociale per il 55 per cento al Nord e per il 53 per cento al Sud. Di questo tema si parlerà venerdì 28 febbraio ad Alba, nella sede dell’Aca, con il direttore generale del Censis, Giuseppe Roma, e il segretario generale della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi. Il servizio si trova a pag. 10 e in quel contesto presentiamo anche il resoconto della protesta delle associazioni che aderiscono a Rete imprese Italia, svoltasi il 18 febbraio a Roma. I motivi della protesta spiegano anche la situazione di impasse in cui si trova il nostro Paese: il Governo sembra sordo alle richieste delle imprese e perso nei giochi verbali della politica, il fisco schiaccia sempre più aziende e famiglie bloccando lo sviluppo, la burocrazia rende un calvario ogni attività, è difficilissimo trovare credito, la stessa tassazione locale è insostenibile. Far sentire la propria voce, mettere politici e amministratori davanti alle proprie responsabilità, avere il coraggio di protestare è in fondo un modo di reagire, di far fronte alla situazione. Infatti quello che preoccupa maggiormente è il senso di rassegnazione in cui tanti si trovano. Che può giungere anche a gesti estremi. Il ruolo dei mezzi di informazione è fondamentale in questo contesto: possono rendere conto della realtà difficile in cui viviamo e raccontare storie di persone e imprese che non si arrendono; possono amplificare la voce di chi chiede con forza di intervenire per rilanciare l’economia del Paese. Senza una buona informazione, anche a livello locale, la situazione potrebbe addirittura peggiorare e la stanchezza e la disillusione potrebbero avere il sopravvento. Io capisco perciò il nostro lettore, preoccupato di non essere in grado in futuro di provvedere alla sua famiglia, ma non è penalizzando, anche solo di un abbonamento, chi cerca di informare lealmente, come Gazzetta, che si migliorano le cose, per se stessi e per la società. Sostenere il nostro giornale è una questione di scelta, ma anche un modo per mantenere aperto un futuro di speranza.

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