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Leghisti, non è più il tempo di mettere uno contro l’altro

In relazione alla manifestazione che la Lega nord ha organizzato per sabato 15 febbraio a Saluzzo dal titolo “Stop immigrati + lavoro”, l’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII esprime tutta la sua contrarietà a questo tipo di impostazione culturale sul fenomeno dell’immigrazione. L’equazione “– stranieri + lavoro per gli italiani” è smentita da dati scientifici che dimostrano che alcuni lavori sono svolti da cittadini stranieri per mancanza di manodopera italiana disponibile. Non ha senso fare politica mettendo costantemente qualcuno contro qualcun altro. La Lega nord chiede legalità? Benissimo, venga con noi il venerdì sera sulle strade delle province di Cuneo e di Torino, dove centinaia di ragazze schiavizzate da un racket criminale sono vittime dei desideri sessuali di tanti bravi italiani. Venite con noi, amici leghisti, a incontrare i ragazzi stranieri con gravi disabilità, che sono in Italia per trovare cure alle loro gravi malattie. Saremmo stati tentati di venire sabato in strada con queste persone, per gridare forte che un altro mondo è possibile, invece, di comune accordo con il vescovo di Saluzzo, mons. Guerrini, parteciperemo a un momento di preghiera e di meditazione sui temi del disagio sociale, dell’accoglienza e dell’immigrazione, organizzato presso la cattedrale alle 17.30. La vera lotta è all’ingiustizia sociale. Non è più il tempo di mettere uno contro l’altro, è il tempo di impegnarci tutti per costruire un mondo più giusto, dove ci sia lavoro per tutti.

Il presidente dell’associazione comunità Papa Giovanni XXIII, Giovanni Ramonda

Ho messo in evidenza questo intervento perché ne condivido il contenuto e lo spirito. Il dialogo, il confronto, l’incontro, la comune ricerca della giustizia sono la via imprescindibile per affrontare ogni problema sociale. Anche nel caso dei migranti. Lo scontro, l’accusa unilaterale, la ricerca del conflitto non portano a nulla. Anzi, conducono a guerre tra poveri, all’inasprimento delle situazioni. Addirittura possono manifestare ipocrisia, alimentare egoismo e individualismo. Il caso citato del racket della prostituzione è una nuova forma di schiavismo che grida vendetta davanti a Dio. Non è ipocrita chi non vuole le prostitute per le strade e poi approfitta di loro per i propri desideri sessuali? E che dire di chi si serve di badanti, lavoratori stagionali stranieri, non garantendo una sistemazione e un compenso decoroso e nello stesso tempo si lamenta della presenza degli immigrati in Italia? Non sempre questo avviene e in tanti si comportano onestamente verso questi fratelli. Tuttavia resta vero che i principi del dialogo, dell’accoglienza, della lotta all’ingiustizia sono vantaggiosi per tutti. Per noi cristiani, poi, c’è qualcosa di più. Ci sono le parole del Vangelo. Gesù tra i criteri con i quali saremo giudicati nell’ultimo giorno mette anche questo: «Ero straniero e mi avete accolto». Ma già nel libro dell’Esodo leggiamo questo comando di Dio: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto». E a noi italiani queste parole dovrebbero ricordare qualcosa. Aggiungo le parole forti e chiare di papa Francesco nella sua esortazione Evangelii gaudium: «Esorto i Paesi ad una generosa apertura [verso i migranti], che invece di temere la distruzione dell’identità locale sia capace di creare nuove sintesi culturali. Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo!». Il Papa prosegue: «Vorrei che si ascoltasse il grido di Dio che chiede a tutti noi: “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9). Dov’è il tuo fratello schiavo? Dov’è quello che stai uccidendo ogni giorno nella piccola fabbrica clandestina, nella rete della prostituzione, nei bambini che utilizzi per l’accattonaggio, in quello che deve lavorare di nascosto perché non è stato regolarizzato? Non facciamo finta di niente».

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