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Ci vuole una casa di riposo al centro della città

Egregio direttore, siamo al secondo posto nel mondo per aspettativa di vita dopo il Giappone con 81,5 anni di età. Gli inglesi non si danno pace del fatto che viviamo più di loro e gli sforzi della medicina sono tesi ad allungare, ma soprattutto ad allargare la vita, rendendola attiva sino alla fine. Gli anziani sono diventati un pilastro della società: i nonni corrono a prendere i nipoti a scuola, dirigono il traffico. Tuttavia, inevitabilmente, giunge per tutti il declino. Per chi non ha alternative occorre una casa di riposo, ma non su qualche bricco o desolata periferia, così da confinare gli occupanti come formiche moleste da andare a trovare una volta al mese. Ci vuole una casa di riposo nel cuore della città. La mia volontà è ferrea, ma la mia voce è flebile. Penso a voi candidati alle prossime elezioni. So che ognuno di noi è al centro della vostra attenzione, sono quasi commossa! Visto che ci volete tanto bene, perché non ascoltare la voce di tante persone? Mi ronza nell’orecchio l’antica voce di mia mamma, che dopo un mio capriccio e successivo pentimento mi diceva: «non dirmi che mi vuoi bene, dimostramelo».

Tilde, Alba

Rilancio volentieri l’idea, perché i nostri amministratori la tengano nel dovuto conto. È vero che gli anziani sono diventati un pilastro della nostra società, ma a volte sembra che si consideri soprattutto la loro utilità. Mentre gli anziani sono qualcosa di più. Papa Francesco ne parla spesso. Addirittura, nell’esortazione Evangelii gaudium, parla di loro come della speranza dei popoli, insieme ai giovani: «Gli anziani apportano la memoria e la saggezza dell’esperienza, che invita a non ripetere stupidamente gli stessi errori del passato. I giovani ci chiamano a risvegliare e accrescere la speranza, perché portano in sé le nuove tendenze dell’umanità e ci aprono al futuro, in modo che non rimaniamo ancorati alla nostalgia di strutture e abitudini che non sono più portatrici di vita nel mondo attuale». Eppure, anziani e giovani, sono poco considerati nella dominante “cultura dello scarto”.È ancora il Papa, in una omelia a Santa Marta, a farci riflettere sulla necessità di prenderci realmente cura degli anziani, “dimostrandolo”. Francesco racconta una storia risalente alla sua infanzia: «C’era una famiglia, un papà, una mamma e tanti bambini. E c’era anche un nonno che viveva con loro. Ma era invecchiato e a tavola, quando mangiava la zuppa, si sporcava tutto: la bocca, il tovagliolo… non faceva una bella figura!». Fu così che il papà comprò un tavolino e lo mise in cucina, così il nonno prese a mangiare da solo in cucina e la famiglia nella sala da pranzo. «Dopo alcuni giorni », prosegue il Papa, «il papà torna a casa e trova uno dei suoi figli a giocare con il legno. Gli chiese: “Cosa fai?”. “Sto giocando a fare il falegname”, rispose il bambino. “E cosa costruisci?”. “Un tavolino per te, papà, per quando diventi vecchio come il nonno”». Conclude Francesco: «Questa storia mi ha fatto tanto bene per tutta la vita. I nonni sono un tesoro ». Mi auguro che questa storia faccia bene anche a noi e spinga ad ascoltare i suggerimenti di Tilde.

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