REFERENDUM Anche i piemontesi sono chiamati a partecipare domenica 17 aprile al referendum abrogativo sulle trivellazioni in mare (entro le 12 miglia marine dalla costa, ossia 22 km circa) per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi come gas e petrolio. Il quesito è stato posto da nove regioni: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise, appoggiate dalle maggiori organizzazioni ambientaliste.
Se dovesse vincere il sì e quindi venisse abrogato l’articolo del Codice dell’ambiente che consente le trivellazioni fino a quando il giacimento è in vita, le concessioni in essere verrebbero costrette a cessare progressivamente alla scadenza dei contratti attualmente attivi (solitamente della durata di 30 anni) senza che si possa ricorre a proroghe. Nel caso vincesse il no, così come se non dovesse essere raggiunto il quorum del 50 per cento più uno, cambierebbe nulla rispetto a oggi e le ricerche e le attività petrolifere in corso non avrebbero una scadenza fissata ma potrebbero proseguire fino all’esaurimento del giacimento. Il referendum non interessa le trivellazioni sulla terraferma né quelle effettuate in mare oltre le 12 miglia.
La giunta del Comune di Alba si è di fatto schierata per il sì (anche se il Pd nazionale sembra voler suggerire l’astensione), ospitando sabato scorso in municipio il coordinatore delle Regioni promotrici della consultazione, il presidente del Consiglio regionale della Basilicata Piero Lacorazza (foto sopra), il quale a Gazzetta d’Alba ha dichiarato: «Un Paese senza industria va da nessuna parte ma nel caso delle trivellazioni entro le 12 miglia, che assicurano appena il 3 per cento del fabbisogno energetico nazionale, occorre valutare le reali opportunità a fronte dei rischi per il nostro mare, che in caso di incidenti può essere fortemente inquinato, con pesanti risvolti negativi per turismo, alimentazione e ambiente».
Enrico Fonte