ALBA Luigi Maria Grassi, il vescovo di Alba dal 1933 al secondo dopoguerra (morì nel 1948) merita di essere iscritto tra i Giusti tra le nazioni. Ovvero tra i non ebrei che a rischio della vita e senza interesse personale salvarono anche solo un israelita dalla persecuzione e dal genocidio nazista. L’idea è di don Lorenzo Costamagna, viceparroco del duomo. Sta rintracciando le persone – o i discendenti – che furono nascoste dal vescovo tra l’autunno del ’43 e la fine del conflitto.
La traccia iniziale viene dallo stesso diario del vescovo, pubblicato sotto il titolo La tortura di Alba e dell’Albese. Monsignor Grassi scrive, raccontando del colloquio con il segretario di Pavolini, «certo capitano Martin», per il rilascio di diversi ostaggi presi a Cherasco: «Povero me, se avesse saputo che da quasi due anni ospitavo nel mio palazzo (probabilmente all’ultimo piano del vescovado, quello comunemente adibito per i familiari del vescovo, nda) una intera famiglia israelita di Milano!». Secondo don Lorenzo, le famiglie ebree sarebbero due, «stiamo contattando i congiunti a Milano e Torino».
Altre testimonianze arrivano dall’Archivio diocesano, dove sono custodite le relazioni che i parroci inviarono al vescovo dopo la fine delle ostilità per documentare la loro opera. Un esempio è lo scritto del parroco di Castagnole delle Lanze, Giovanni Battista Bernocco, che aiutò le figlie di un professionista di Asti. «Sto esaminando tutti i rapporti dei parroci dell’epoca», dice don Lorenzo. Con un obiettivo: iscrivere il nome di Grassi sulle pareti d’onore dello Yad Vashem, a Gerusalemme.
p.r.