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L’attore Nicolas Vaporidis racconta gli uomini di oggi

Nicolas Vaporidis rac

INTERVISTA L’attore romano sarà in scena al Sociale di Alba il 15 dicembre
Il secondo appuntamento della stagione di prosa del teatro Giorgio Busca è alle porte: giovedì 15 dicembre (ore 21, biglietti in prevendita alla libreria La torre, nella galleria della Maddalena) andrà in scena Finché giudice non ci separi, con Luca Angeletti, Augusto Fornari, Laura Ruocco, Toni Fornari e Nicolas Vaporidis. Un’esibizione che racconta la storia di quattro uomini, tutti separati e alle prese con la conflittualità, la solitudine, la rottura dei legami e il tentativo di riprendere le redini della propria vita. Vaporidis, classe 1981, è considerato uno dei principali volti del cinema e della commedia italiani.

Qual è il messaggio che lo spettacolo trasmette?
«Non è una performance che intende veicolare un messaggio preciso. Ci sono tanti livelli di significato, tutti lontani dalla propaganda o dal proselitismo. È divertimento. Un’esibizione eseguita con ludicità e ironia, uno spettacolo capace di far riflettere. I temi sono quelli dell’affidamento dei figli, del valore del matrimonio, della solitudine. Mettiamo in scena una realtà vissuta da molti uomini d’oggi: attraverso la commedia cerchiamo di sviscerare sorridendo – a partire dal dramma e dalla sofferenza degli attori – il modo di vivere la conflittualità ed emotività degli eventi».

Secondo lei da cosa scaturisce questa sofferenza contemporanea nel “legame”, e come fare ad affrontarla?
«È come se fossimo ancora dentro al quadro, stiamo vivendo cambiamenti radicali nei legami e non abbiamo ancora la giusta distanza per analizzarli, commentarli, capirli. Nello spettacolo tentiamo di esaminare il rapporto uomo-donna, senza valutare o svalutare l’immagine dell’uno o dell’altra. Vogliamo descrivere la rottura della coppia italiana, anzi potremmo dire che tutta la performance si gioca sul concetto di italianità per quanto riguarda i comportamenti, le emozioni, i modi d’essere».

A proposito. Le piace il mondo dell’arte e della cultura italiana?
«Qualche settimana fa ho avuto modo di visitare il duomo di Firenze e la torre del Giotto: sono stato sconvolto dalla sua bellezza ma anche dall’incuria, dal constatare come simili meraviglie siano state deturpate da scritte di ragazzini e dalla scarsa pulizia. Non proteggiamo a sufficienza la nostra cultura».

Parlando di talento. Può raccontarci un aneddoto o una sensazione da cui scaturisce in qualche modo la sua motivazione verso l’arte?
«Come delfini che saltano in mezzo al mare. È l’immagine che si accende dentro di me nel pensare alle migliaia di situazioni, emozioni e sensazioni che provo durante l’attività artistica. Distinguerli è difficile. Il teatro ad esempio provoca un’ansia sana, una sorta di paura che ti getta in uno stato di trance prima di entrare in scena. È come se ti dimenticassi del mondo. Ogni cellula del tuo corpo prova questa sensazione. Il prima e il dopo di un’esibizione: ecco da dove scaturisce la mia motivazione».

m.v.

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