Cirio scrive a Martina: «L’Europa non chiede di rinunciare al nome Alba per il tartufo»

Se il tartufo non è più quello di una volta

ROMA La Commissione agricoltura della Camera sta discutendo l’aggiornamento della Legge 752/85 che norma la disciplina relativa al tartufo.  Il disegno di legge, frutto della fusione di due iniziative di legge a firma degli onorevoli Fiorio e Faenzi, prevede anche la revisione delle denominazioni di legge, con una interpretazione rigorosa della normativa comunitaria in tema di etichettatura che cancellerà il nome commerciale di uso comune “Tartufo bianco d’Alba o di Acqualagna”.

«In pratica l’Italia rischia di applicare la normativa europea con più rigore di quanto l’Europa stessa non ci chieda», sottolinea l’eurodeputato Alberto Cirio, membro della Commissione agricoltura del Parlamento Ue. «La legge comunitaria, infatti, prevede come possibilità anche quella di attribuire un nome comune, senza valore di denominazione di origine. È esattamente il caso del nome “Alba”, che, essendo scritto sul tartufo bianco da 50 anni, rappresenta ormai in tutto il mondo un marchio di qualità, non più di territorio. La Francia, ad esempio, ha scelto per legge il nome “tartufo bianco d’Alba” come nome comune e l’Europa non ha avanzato obiezioni. Sarebbe assurdo poterlo utilizzare per i tartufi stranieri e non per quelli italiani. Invierò una lettera al Ministro delle politiche agricole Martina: l’aggiornamento della legge non può diventare un boomerang. L’Europa non ci chiede di rinunciare al nome “Alba”, per cui è assurdo che l’Italia se lo vieti da sola».

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