Di chi erano i terreni su cui è sorto l’ospedale di Verduno?

Saitta: riprenderemo a investire e ad assumere

VERDUNO Debora scrive: “Ma guarda? Speculazione sui terreni?”, Mario risponde “Pensare che erano benedetti”. Uno scambio di battute simile tra Simone: “L’ospedale potevano benissimo costruirlo dove adesso c’è il Bennet li si che andava bene” e Carlo che risponde: “Già ma il sito non era benedetto”. A sentenziare in maniera inequivocabile è un esponente albese della Lega Nord che scrive: “Stranamente in tutti gli articoli si omette di dire qual era la provenienza del terreno. Chissà, misteri della fede”, individuando una sorta di complotto in un asse tra Gazzetta e la Curia albese.

Che Facebook sia ormai il luogo preposto per le chiacchiere da bar è chiaro. Purtroppo la pagina di Gazzetta, su cui a onor del vero sono nati nel corso degli anni anche dibattiti proficui, non fa eccezione. Una terra, solo all’apparenza, democratica in cui chiunque può dire la sua, non importa se vera o meno, se verificata o solo rilanciata. Secondo molti frequentatori della nostra pagina Facebook fu la Curia albese a volere la costruzione dell’ospedale e a guadagnare enormi quantità di denaro dalla vendita dei terreni e della cascina Pradonio.

Per capire dove stia la verità abbiamo chiesto nuovamente (l’avevamo già fatto in passato) all’Asl Cn2 di poter visionare gli atti di acquisto dei 302 mila metri quadri di terreno su cui è sorto l’ospedale Alba-Bra. Le sorprese non sono mancate.

L’idea dell’ospedale è nata nel 1993 con la nascita del comitato promotore. L’anno successivo l’istituto di ricerca sanitaria Cresa esegue lo studio di fattibilità che viene approvato dall’assemblea dei Sindaci nel 1995. I primi cittadini (I sindaci di Alba Enzo Demaria e di Bra Franco Guida) danno mandato al direttore generale dell’Asl (ruolo in cui tra il 1994 e il 1998 si alternano Giovanni Monchiero, Francesco Morabito e Silvio Beoletto) di acquistare i terreni e qui nasce il “mito” degli enormi interessi della Curia.

302 mila metri quadrati dicevamo, suddivisi in 54 lotti per oltre 200 proprietari, acquistati per 2.034.000 euro. Una frammentazione che fa capire il tenore delle cifre che “ballarono” per l’acquisto dei terreni. Le proprietà dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero erano pari a 34 mila 547 metri quadrati, poco più di un decimo del totale.

Si tratta di uno dei lotti più estesi e di quello che, per legge, verrà pagato meno di tutti, in quanto non curato direttamente da contadini (nel qual caso la cifra sarebbe triplicata rispetto al valore catastale): 1,83 euro al metro quadro per un totale di 63.255 euro. Un valore espresso in euro in quanto il contratto verrà firmato solo nel 1998 e l’acquisizione verrà completata nel 2003, un anno dopo l’entrata in vigore della moneta unica.

Per fare un esempio il lotto dei fratelli agricoltori Rossi (cognome di fantasia) di 32 mila metri quadrati fruttò ai proprietari quasi 200 mila euro, più del triplo rispetto ai terreni della Curia.

Il Responsabile unico del progetto Ferruccio Bianco si occupò direttamente dell’acquisto dei vari lotti: «I terreni dell’istituto diocesano per il sostentamento del clero furono tra gli ultimi ad essere acquistati, in quanto la Curia non era intenzionata a vendere. Tentammo con la permuta di alcuni terreni di proprietà dell’Asl nel braidese, ma non arrivammo a un accordo». A questo periodo risale un’altra leggenda: la frase attribuita al vescovo Sebastiano Dho che secondo le voci dell’epoca sentenziò: “Cediamo i terreni, che non si dica che la Curia è contro la costruzione dell’ospedale”.

Grazie al presunto intervento del Vescovo la situazione si sblocca e nel 1998 quando gli altri lotti sono già stati acquistati da due anni le proprietà dell’istituto diocesano per il sostentamento del clero passano all’Asl Cn2 per 63.255 euro. Un pessimo affare per chi secondo alcuni nostri lettori avrebbe fortemente voluto un ospedale che costerà 200 milioni di euro.

Marcello Pasquero

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