L’origine inglese delle bottiglie Porinotte

L'origine inglese delle bottiglie Porinotte

CURIOSITÀ Alla fine del XVII secolo imprenditori inglesi vennero a Poirino e impiantarono una vetreria per la produzione di bottiglie. In quel periodo il vino si conservava, oltre che in recipienti di legno, in otri di pelle o in contenitori di terracotta o ceramica. Perché venne scelto Poirino? I motivi sono due: innanzitutto la presenza di sabbia grazie al vicino bacino del Po, materiale indispensabile per il processo di produzione del vetro. Inoltre è probabile che abbiano valutato le potenzialità del territorio piemontese, in fatto di valenze vitivinicole. In questo campo gli inglesi erano dei maestri; i Savoia, invece, del tutto negati.

Di fatto, in Piemonte, furono prodotte le prime bottiglie chiamate “Poirinotte”. Un dubbio resta: in quegli anni in Piemonte si produceva (e soprattutto si beveva) molto vino, ma a livello familiare o artigianale. Non esistevano industrie enologiche e neppure grandi cantine. Le bottiglie furono vendute a commercianti, osti, mediatori, famiglie nobili e borghesi.

Grazie a Nino Caruso, appassionato collezionista albese di cose belle, ho potuto ammirare una serie di Poirinotte originali. La forma è cilindrica e irregolare e ricorda le bottiglie inglesi in uso in quel periodo. Sono bottiglie molto pesanti (980-985 grammi) con una capacità di circa 550 cc. Il vetro è di colore granato scuro, per evitare i problemi correlati all’esposizione alla luce, ed è molto spesso (8-10 millimetri), ma distribuito in modo non uniforme. L’enorme spessore era dovuto al fatto che il vino in quegli anni sicuramente rifermentava e occorrevano bottiglie robuste, in grado di resistere a una certa pressione.

All’epoca non esisteva ancora la chiusura in sughero. Il famoso tappo monopezzo quadrato arriverà 150 anni dopo. Allora, in Piemonte si usavano torsoli di mais, pezzi di legno o altri vegetali, in genere legati al collo della bottiglia con un cordino.

Sulla superficie del vetro si notano piccole striature, poiché la bottiglia subito dopo la soffiatura veniva arrotolata su una striscia di ferro per ottenere una forma cilindrica. Interessante il collo: è lungo circa 7 centimetri, è un po’ svasato e in cima presenta una baga di 3 millimetri ottenuta con sollevamento manuale del vetro ancora caldo. I volumi utilizzati dagli inglesi per le Poirinotte erano: 550, 1.110, 1.650 e 2.150 cc.

L’interessante visita sta per terminare. Osservo ancora la serie completa di Poirinotte, in bella evidenza su uno scaffale nell’abitazione dell’amico collezionista. Immagino per un attimo le enormi difficoltà, considerando il periodo, per gli addetti al processo di produzione in vetreria. Un lavoro del tutto manuale che richiedeva arte e professionalità. Infatti, ogni bottiglia è un oggetto a sé e non è mai perfettamente uguale a un’altra. Alla grande bellezza estetica si unisce tutta la storia di questa bottiglia e della vetreria dove veniva prodotta. Del luogo e dell’edificio se ne è persa la memoria a Poirino. Oggi nessuno sa indicare dove esistesse. Resta solo la citazione in alcuni libri.

L’amico collezionista termina con una curiosità: il bevitore acquirente prima assaggiava il vino e, una volta convinto della sua bontà, lo acquistava. E trattava il prezzo insistendo che la bottiglia avesse una capacità di mezzo litro e non di 550 cc.

Lorenzo Tablino

 

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