L’INTERVISTA È un’italiana che lavora al Mauriziano di Torino una tra le dieci migliori cardiologhe interventiste al mondo: Tiziana Claudia Aranzulla è stata selezionata durante il convegno internazionale Complex cardiovascular catheter therapeutic, svoltosi nei giorni scorsi in Florida proprio con particolare attenzione alle donne impegnate in questa branca della cardiologia, dove ha trattato il tema delle tortuosità coronariche delle donne, portando un caso di angioplastica su una paziente ultraottantenne. Aranzulla, nata a Catania, laureata all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, si è specializzata in Cardiologia all’Università Vita Salute San Raffaele di Milano, dove ha anche conseguito il master in cardiologia interventistica; dal 2008 è cardiologa interventista al Mauriziano di Torino.
Come si è avvicinata al mondo della cardiologia interventistica?
«È stato amore a prima vista quando ho osservato e poi eseguito la prima coronarografia in Oulu, in Finlandia: un’esperienza fantastica. In seguito ho avuto dei grandi e indimenticabili maestri al San Raffaele di Milano».
Oggi si parla sempre più spesso di medicina di genere: quali sono le principali peculiarità del trattamento delle donne nel settore?
«Spesso le donne si recano in ritardo in pronto soccorso, talora minimizzano i sintomi anteponendo a se stesse gli equilibri e le esigenze familiari. I sintomi stessi possono essere atipici rispetto al classico dolore precordiale. Per questi motivi, può accadere che la diagnosi, e quindi l’intervento terapeutico non siano tempestivi. L’età delle pazienti donne che giungono all’attenzione del cardiologo interventista in media è più avanzata della controparte maschile, e quindi si tratta di pazienti con una maggiore fragilità, oltre alle possibili patologie coesistenti. Inoltre le coronarie femminili sono più sottili e tortuose e spesso la malattia coronarica è più estesa. Dall’altro lato la coronaropatia può interessare anche donne molto giovani, come nel caso delle dissezioni coronariche spontanee, che hanno un meccanismo fisiopatologico completamente diverso dalla patologia aterosclerotica».
È sicuramente positivo che le donne siano riconosciute con un premio del genere ma secondo lei la reale parità è raggiunta o non ancora? Qual è la situazione in Italia e all’estero?
«I numeri parlano chiaro: in Usa solo il 4,5% tra i cardiologi interventisti è donna, in Europa il 10% circa… direi che si commentano da soli!»
In Italia la scienza e la medicina stanno vivendo un periodo travagliato, con costante messa in dubbio degli esperti: riscontra questo atteggiamento nel suo operato quotidiano? Quale pensa potrebbe essere una soluzione?
«Sicuramente eventi di malasanità che vengono alla ribalta della cronaca ed una nascente disinformazione/informazione-fai-da-te possono condizionare la percezione della sanità da parte dei pazienti; in realtà la sanità italiana è una delle migliori al mondo. Le soluzioni che il medico può offrire sono il mantenimento di alti livelli di competenza, aggiornandosi continuamente nella propria disciplina scientifica e l’offrire un ascolto attivo al paziente e ai suoi familiari, con i loro dubbi, esigenze e problemi».
L’Italia e il Piemonte giocano un ruolo di primo piano nel suo settore?
«In Italia e in Piemonte ci sono molti cardiologi interventisti di altissimo livello. È una disciplina in continua espansione e la Società di cardiologia interventistica italiana (Gise) promuove al meglio la formazione scientifica continua dei cardiologi interventisti italiani».
L’emozione di aggiudicarsi un riconoscimento del genere dev’essere grande: che cosa si prova? E che cosa consiglierebbe a un giovane e soprattutto a una giovane studentessa che volesse seguire le sue orme?
«Sicuramente l’emozione è enorme. I consigli che mi sento di dare sono gli stessi che ho sempre dato a me stessa: coltivare passione e umiltà in modo costante, imporsi una disciplina e rispettarla, perseverare di fronte alle difficoltà, restare positivi e trarre i migliori insegnamenti da ogni evento, avere come primo obiettivo il bene e circondarsi da persone che abbiano nella loro vita obiettivi volti al bene».
a.r.