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Mario Lattes, dall’informale al figurativo

Mario Lattes,  dall’informale  al figurativo

 

MONFORTE Editore, scrittore e pittore, Mario Lattes è stato un personaggio di spicco della Torino del secondo dopoguerra. Il suo è un linguaggio pittorico intimo, con il quale è riuscito a esprimere i suoi pensieri più profondi, in modo raffinato ed eclettico: le difficoltà della quotidianità, la sua identità ebraica, la ribellione ai preconcetti e alla volgarità delle mode. Lo ha fatto con molteplici tecniche e con diversi linguaggi espressivi, così personali da non essere riconducibili ad alcuna corrente. A diciassette anni dalla sua morte, la fondazione Bottari Lattes – nata nel 2009 per diffonderne la conoscenza e in generale promuovere l’arte e la cultura – gli dedica la mostra “Mario Lattes dall’informale al figurativo”.

Una sessantina le opere esposte nei due spazi della fondazione: nella sede di Monforte, inaugurata sabato scorso e aperta fino al 1° dicembre, si possono ammirare le opere di grande formato – orario nei giorni feriali dalle 10 alle 12 e dalle 14.30 alle 17; il sabato dalle 10 alle 12 e dalle 15.30 alle 18.30; nello spazio Don Chisciotte, a Torino, fino al 27 ottobre sono visibili le opere di piccole dimensioni, con apertura dal martedì al sabato, dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 19.

La retrospettiva documenta mezzo secolo dell’attività pittorica di Lattes, dagli anni Cinquanta ai Novanta, come commenta il presidente della fondazione Adolfo Ivaldi: «Abbiamo scelto di allestire questa mostra per spiegare l’evoluzione artistica di Mario Lattes, che da una prima fase informale – con macchie di colore molto evocative, astratte ma anche espressioniste – è infine approdato al figurativo, che ha caratterizzato gran parte della sua produzione».

Mario Lattes,  dall’informale  al figurativo 1

«Lattes fu un uomo complesso: le sue immagini parlano di una lotta continua, contro la vita e contro sé stesso, che ritroviamo sia nella pittura che nella scrittura. Per lui le due dimensioni si muovono di pari passo, tanto che possiamo considerarlo in egual modo un pittore che scrive o un scrittore che dipinge».

Nell’arte Lattes ha utilizzato le tecniche più differenti, dagli oli su tela alla carta, dagli acquerelli alle tempere e alle tecniche miste, ma anche i collages e i frottages: «Nonostante il fermento culturale della Torino dell’epoca, scelse di non omologarsi e portare avanti un linguaggio di stampo mitteleuropeo. Nelle sue opere possiamo trovare immagini fantastiche che ricordano Gustave Moreau, Odile Redon o James Ensor, ma il risultato complessivo è qualcosa di unico e di molto personale».

A proposito delle opere esposte, aggiunge il curatore Vincenzo Gatti: «L’allestimento comprende pezzi mai esposti prima, ma anche nuove acquisizioni della fondazione, che permettono di entrare sempre di più nell’universo interiore dell’artista e ripercorrere il suo lungo percorso creativo, come tessere di un mosaico esistenziale. Dalle opere di grandi dimensioni di Monforte a quelle più piccole di Torino, emergono le molte sperimentazioni di Lattes, che non si ferma di fronte alle tecniche, ai linguaggi e agli stili più arditi. Per comprendere immagini così intime, è necessario seguire l’invito dello stesso artista: indugiare prima di varcare la soglia e poi inoltrarsi “oltre lo specchio”, senza attendersi nulla di rassicurante o di consolatorio».

Francesca Pinaffo

 

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