Storia di Morenito e del fallimento della metodologia Salvini

SAN DAMIANO D’ASTI La storia di Morenito, 25enne originario del Bangladesh, a fine novembre è rimbalzata su articoli di giornale e profili social. Perché la vicenda è materializzazione di come il decreto Salvini rischi di generare un caos estremo, spezzando storie di persone che vorrebbero integrarsi e avrebbero tutte le carte in regola per farlo.

Storia di Morenito e del fallimento della metodologia Salvini

Morenito lavora tra Alba e San Damiano d’Asti. Vende rose. Tutti lo adorano: è amico di ragazzi e anziane signore. La barriera della diffidenza e del pregiudizio cade non appena si avvia con lui un colloquio: capace di cordialità e rispetto, suscita desiderio di vicinanza e soccorso. La sua è storia di attraversamenti di confine: prima in Libia, dove ha lavorato in condizioni durissime. Poi verso l’Italia con un gommone. A San Damiano d’Asti ha imparato l’italiano e lavorato per la cooperativa Arborvitae, partecipando con entusiasmo a progetti e tirocini. Dopo due anni ha dovuto abbandonare. Oggi, dato che la sua domanda di asilo politico per ottenere la protezione internazionale è stata respinta dalla Commissione, Morenito deve tornare in patria. Ma i soldi per il rimpatrio non ci sono. Rimane così in “sospeso”, in un limbo, zona grigia tra il rimanere e il partire.

Avrebbe perfino un lavoro, perché un ristorante di San Damiano lo assumerebbe. Ma senza documenti tutto è bloccato. Il decreto Salvini diventa così una cesura enorme tra burocrazia e quotidiano, tra realtà e ideologia, tra vita vissuta e regolamenti. E soprattutto un’esortazione alla clandestinità, che a sua volta si traduce in precarietà economica, pericoli sanitari, solitudine.

Nel prossimo numero  di Gazzetta racconteremo la storia per intero.

Sara Elide

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