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L’evoluzione della città di Alba attraverso i suoi negozi

COM’ERAVAMO  Il tempo passato rimane nei geni e nei silenzi, nei caratteri e nei temperamenti, nei cuori sotto forma di materiale residuo e invisibile. Qualche volta, però, può riprendere forma in maniera inattesa. Ricompare in superficie con potenza di fotografia.

L’associazione Giulio Parusso riporta alla luce elementi sommersi, altrimenti dimenticati. Lo fa con il progetto sul tema “Come eravamo: una passeggiata in via Maestra e dintorni nel secolo scorso”.

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Tartufi Ponzio (via Maestra).

Spiega il presidente dell’associazione, l’avvocato Roberto Ponzio: «Vogliamo documentare il cambiamento della città e in particolare di via Vittorio Emanuele. Un tempo le botteghe e i negozi storici, oggi la predominanza dell’abbigliamento e l’apparizione delle grandi catene. Ad esempio, prima abitavano la via centrale, solo per citarne alcuni, un negozio di rivendita di turaccioli, un arrotino, due librerie, tre ferramenta, tre panetterie, una casa del miele, una rivendita di pesce fresco».

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Il negozio di casalinghi Mezzano (1982), posto nel complesso della Maddalena

L’obiettivo dell’associazione è ambizioso: digitalizzare il patrimonio fotografico e renderlo disponibile a tutti su Internet, accessibile grazie al “caricamento” su portali istituzionali internazionali. In questo modo il passato della città sarà a disposizione di tutti.

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Il gelataio Vigiu in piazza Garibaldi (1983)

Esplorando il “prima” è possibile intuire spiegazioni aggiuntive del presente. Perché nel mondo del commercio o dell’artigianato il piccolo e il personale sembrano subire una sostituzione progressiva da parte del grande e dell’impersonale? Perché un tempo il negozio e la bottega erano considerati occasione di relazione e di scambio umano col proprietario, mentre oggi la centratura dell’attenzione slitta sul prodotto e sulla merce?

Domande sollevate dalla visione di scatti suggestivi: chiunque disponesse di fotografie può scrivere o inviarle a info@associazioneparussso.it, aggiungendo l’autore e l’anno dello scatto, oltre che una breve descrizione, qualora queste informazioni fossero disponibili.

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La pasticceria Berta, in via Maestra

Conclude l’avvocato Ponzio: «L’idea è quella di dare spazio privilegiato alle persone, oltre ai luoghi. Vogliamo documentare il cambiamento economico e storico, il processo che nei decenni del secolo scorso ha portato a una transizione da un’impostazione di tipo contadino a una di tipo industriale».

Matteo Viberti

2018: 580 ristoranti e 38mila coperti

COME SIAMO  In Italia la ristorazione attrae le masse, convoca giovani e spende il tempo delle famiglie. Cosa accade a livello locale? In assenza di dati precisi sulla domanda, analizziamo l’offerta. Nell’ambito territoriale dell’Ente turismo (95 Comuni di Langhe e Roero) il numero di ristoranti attivi era pari a 612 nel 2017, un trend in aumento dell’1,5 per cento rispetto all’anno precedente. Il corrispondente numero di coperti era pari a 41.467, in incremento dell’1,4 per cento rispetto al 2016. Il dato nell’ultimo anno sembra però arrestarsi, anzi declina un po’: a fine 2018 si contavano circa 580 ristoranti e 38mila coperti.

Diverso il risultato su Internet: effettuando a fine gennaio una ricerca su Tripadvisor, principale portale di ricerca per ristoranti e locali enogastronomici, emerge come nelle Langhe e nel Roero operino 776 ristoranti, solo ad Alba 157. Il mondo del vino contribuisce a generare la domanda. A esempio, nel 2017 solo attraverso il portale Piemonte on wine gestito dall’Ente turismo sono state effettuate 5.200 prenotazioni nelle cantine del territorio.

Spiega Mauro Carbone, direttore dell’Ente turismo: «L’indotto dei ristoranti è difficilmente monitorabile, così come il preciso numero di clienti registrati. Abbiamo però a disposizione un metodo di osservazione qualitativo: nel periodo dalla Fiera del tartufo fino a Natale, nell’anno appena trascorso, era difficile trovare un posto a sedere nei ristoranti del territorio pur prenotando in anticipo. Significa che il comparto è sano e in crescita». E promette: «L’enogastronomia, in particolare il settore ristorazione, merita molta attenzione. Per questo stiamo cercando di istituire uno speciale osservatorio, uno strumento statistico che consenta di quantificare le presenze e il valore del sistema. Oggi i ristoranti non sono obbligati a comunicare le presenze di clienti come invece accade per gli alberghi».

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Sugli aspetti di criticità Carbone spiega: «Nonostante le presenze in incremento, non pensiamo che la posizione di ristoratore equivalga a possedere una miniera d’oro. Il costo del lavoro per il proprietario di un locale è astronomico, ed è un costo uniforme, spalmato in modo omogeneo su tutti i mesi dell’anno: se consideriamo che a gennaio e febbraio la domanda è scarsa a causa di una ridotta affluenza turistica, è facile intuire la difficoltà degli operatori».

D’altra parte, rimane il problema degli stipendi ancora bassi dei camerieri, il saltuario lavoro nero e la tendenza a stipulare contratti a tempo determinato o comunque precari. Anche il raffinato mondo della ristorazione locale non è esente dalle sue ombre.

Valerio Giuliano

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