Dobbiamo far crescere la sensibilità contro tutti quei veleni che compromettono la biodiversità

Apprezziamo la maggiore sensibilità dimostrata ultimamente dai giornali locali sul tema del cambiamento climatico, con servizi e interventi vari, e ci associamo quindi alle “grida” che arrivano da più parti, anche molto qualificate, sul devastante fenomeno in atto di un paesaggio che perde la propria biodiversità a causa della monocoltura della vite. Anzi si deve ormai parlare di bicoltura: viti e nocciole, queste ultime partite in quarta per la spinta della Ferrero.

È un grosso problema che va affrontato a livello di programmazione, occorre una specie di piano regolatore dei terreni agricoli, che riequilibri gli impianti colturali in funzione della necessaria biodiversità. Conditio sine qua non, questa, per continuare a vivere su questo pianeta: fantascienza? Pensiamo proprio di no, soltanto buon senso.

Dobbiamo far crescere la sensibilità contro tutti quei veleni che compromettono la biodiversità
Gino Scarsi fotografato tra Canale e Cisterna: si diserba non soltanto la vigna, ma anche la scarpata.

Per intanto facciamo leva sulla sensibilità dei nostri contadini, quasi tutti vignaioli: nelle vigne si riservino angoli di biodiversità con alberi da frutto, siepi e quant’altro. Le vigne delle passate generazioni nelle parti alte ospitavano ciliegi, peri Madernassa, fichi e financo querce; sarebbe un bel vedere, con piccole produzioni di frutta e ricadute positive sull’ecosistema. Queste piante, che ormai sono diventate rarità, permetterebbero inoltre l’innesco del circolo virtuoso veicolato da uccelli e insetti. Siamo convinti che la bottiglia di Barolo, Barbaresco o Roero possa ben permettersi il sacrificio di qualche filare, mutilato non soltanto in favore della biodiversità ma anche di un paesaggio più ricco.

Nel frattempo ci gustiamo con grande soddisfazione i timidi passi avanti che si stanno facendo, ad esempio la scelta della produzione biologica da parte di vignaioli giovani e meno giovani, e comunque un quasi generale passaggio al diserbo meccanico. Basta veleni che “ammazzano” l’erba, persistono decenni nei terreni e finiscono puntualmente nei nostri piatti col cibo che mangiamo e nei bicchieri, con l’acqua e il vino che beviamo.

Vi sono purtroppo ancora molte eccezioni, soprattutto sotto i noccioleti che assumono con l’uso del diserbo, in mezzo al verde intenso della primavera, quel preoccupante colore giallo-arancio-rosso. Nella foto allegata, scattata tra Canale e Cisterna, assistiamo addirittura al cosiddetto buon peso: non solo la vigna, si diserba anche la scarpata!

Ovviamente nessuno vuole criminalizzare il contadino per l’uso di questi prodotti diserbanti, disseccanti ed erbicidi in genere, che sono purtroppo ancora permessi (speriamo per poco). Possiamo però creare un atteggiamento di rifiuto all’uso in genere di veleni che permangono in circolo nell’ambiente, quelli di norma che portano un teschio sui flaconi che li contengono. L’invito è che quando vediamo una vigna o un noccioleto giallo, arancio e rosso, proviamo a proiettare l’immagine di un grande scheletro con la falce che veleggia soddisfatto sulla stessa vigna o sul noccioleto diserbato.

associazione Canale ecologia

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