I balconi mettono a nudo  tutto lo “scuorno” d’Italia

«Chi di selfie ferisce, di selfie perisce». È quanto sta succedendo, negli ultimi tempi, al “Capitano volante”, scaltro arringatore di folle plaudenti (baciamano incluso). Il ministro dell’Interno Salvini, “fantasma” al Viminale, come lo era a Bruxelles da europarlamentare, è però presente in ogni angolo d’Italia. Non manca a una manifestazione, a una fiera e a una sagra. Una passerella continua, per un selfie da rilanciare in rete, con una felpa sempre diversa. Una frenesia propagandistica inconsueta.  Grazie ai mezzi della polizia, aerei ed elicotteri, che lo trasportano dal Nord al Sud d’Italia. Al costo di 2 mila euro circa all’ora. Una vera “pacchia” per il leader leghista, a spese del contribuente. Mentre il suo partito deve restituire 49 milioni di euro sottratti alle casse dello Stato. Migranti e rom, come al solito, le vittime preferite dei suoi comizi. Ad aizzare, nel Paese, un rancore crescente. Per una guerra tra poveri, che incattivisce gli animi.

Da qualche tempo, però, l’aria è cambiata. E i selfie sono diventati un vero incubo per il ministro. Salvini è sempre più stizzito. Coi nervi a fior di pelle, per i tranelli cui è difficile sottrarsi. I giovani, soprattutto, lo ripagano con la sua stessa moneta. E sottile ironia e furbizia. Nonostante subiscano strattonate di troppo dalla scorta del vicepremier. O dalle forze di sicurezza, quasi “asservite” al ministro. Polizia di Stato ridotta a servizio d’ordine. Molte le polemiche per intimidazioni e abusi: dal sequestro del telefonino a una ragazza, a ragazzi (minorenne inclusa) trascinati via con forza. In un’intervista al Corriere della sera, un imbarazzato capo della polizia, Franco Gabrielli, è stato costretto a dichiarare che «la polizia è a garanzia di tutti, non al servizio di qualcuno». Un’ovvietà. Ma doverla ribadire è preoccupante.

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Così, a Caltanissetta, dopo avergli chiesto un selfie, due ragazze hanno beffato il ministro Salvini baciandosi tra loro. E ignorandolo del tutto. A Salerno, un’altra ragazza l’ha avvicinato per la foto e gli ha spiattellato in faccia: «Non siamo più terroni di m…?». Nella stessa città, al momento dello scatto, un ragazzo gli ha chiesto: «Dove sono finiti i 49 milioni della Lega?». Episodi, non a caso, avvenuti nel Sud d’Italia, per anni nel mirino della Lega “separatista”.  Con insulti volgari e razzisti. Dal grido “Forza Etna, Forza Vesuvio!” al canto del leader leghista a Pontida: «Senti che puzza / scappano anche i cani / stanno arrivando i napoletani». Due esempi, soltanto, di una vergognosa serie. Rimossi, al momento, per opportunismo politico.

Ma ora che i sondaggi sono al ribasso, il leader leghista è insofferente. Come non mai. Non tollera contestazioni. E ogni democratica manifestazione di dissenso. La sua abitudine, d’altronde, è il monologo. Una propaganda continua, senza contraddittorio: nelle piazze e in Tv. Fugge il confronto con altri leader politici. Allo stesso modo, vergognosamente, scappa dai giudici e dai processi. Nonostante, nei comizi, si mostri arrogante e sprezzante verso tutti. I giovani in particolare, cui vorrebbe impartire quell’educazione che, a suo dire, non hanno avuto dai genitori. Magari, ripristinando il servizio militare, quasi fosse una punizione disciplinare. Il tutto con la complicità di una Rai sovranista, “più papista del Papa”.  I Tg nazionali non fanno altro che esaltarne consensi e bagni di folla. Anche quando lo fischiano e le piazze sono vuote. O quasi. Miracoli dell’informazione. E una sovraesposizione televisiva senza precedenti. Al di là delle regole democratiche.

Però, «chi semina vento, raccoglie tempesta», dice il proverbio.  E il ministro dell’Interno, dopo aver aizzato le piazze di tutt’Italia, ora s’atteggia a vittima. E mal sopporta le contestazioni. Dai ragazzi che si fanno beffe di lui, alla “protesta dei balconi”. Con striscioni che dissentono da una politica disumana. Per la chiusura dei porti e i respingimenti di donne e bambini. Sebbene fuggano da guerre, fame e persecuzioni. Scampati dai lager della Libia o dalla morte in mare. Una politica che spaccia per sicurezza assurdi provvedimenti, che rendono più insicura l’Italia. Ormai, un “caso” per l’Europa.  Ma anche per l’Onu, che diffida formalmente il nostro Governo per la violazione dei diritti umani e delle convenzioni internazionali. Chiedendo il ritiro del decreto “sicurezza bis”.

Nel Paese, intanto, è esploso un effetto boomerang, dopo che due striscioni di dissenso a Salvini sono stati fatti togliere dai balconi. A centinaia, in ogni città, si sono moltiplicate le lenzuola di protesta. Soprattutto a Milano, nel comizio conclusivo di Salvini in piazza Duomo. Nei giorni precedenti a Brembate, in provincia di Bergamo, s’è sfiorata la farsa. Esponendo a derisioni i benemeriti Vigili del fuoco, chiamati a togliere da una finestra lo striscione “Non sei benvenuto”. Un intervento improprio, con tanto di autoscala, come se bruciasse la casa. Allo stesso modo, giorni prima, agenti in borghese avevano fatto togliere dall’abitazione di un’anziana signora la scritta: “Questa Lega è una vergogna”. Prospettandole possibili guai giudiziari. E giustificando l’intervento con ragioni di ordine pubblico. Siamo al ridicolo.

Ciò nonostante, dappertutto, sono “rifioriti” i balconi, con nuove scritte e tanta ironia. La fantasia al potere. Davvero, una risata seppellirà l’arroganza dei potenti. Ecco, uno stralcio di un ampio florilegio: “Prima gli esseri umani e poi… 49 milioni”; “Apriamo i porti restiamo umani”; “Salvini odia, Milano ama!; “No al ministro dell’odio”; “Chi di barconi ferisce di balconi perisce”; “I terroni non dimenticano”; “Meglio una vita da clandestini che un giorno da Salvini”; “Ridateci gli alpini tenetevi Salvini”; “Leghista terrone scuorno del Meridione”; “Napoli non ti vuole, Salvini statt a casa!”; “Oja Catanzaro puzza!”;  “La Sicilia ai siciliani, itivinni a casa”; “Porti aperti”; “Vai a lavorare”; “Salvini non sei il benvenuto! P.S. Per la Digos: torno alle ore 20.00”; “Salvini cerchi voti al Sud per portare i soldi al Nord!”; “Grazie mamma per non avermi fatta salviniana”; “Ti volessi ma non potessi. Mai con chi odia”; “Porti e cuori aperti”; “Più bacini meno Salvini”; “Un caffè per i vigili del fuoco, sul balcone s’intende”; “Portatela lunga la scala… sono al quinto piano”…

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E lunga, ancora, sarebbe la lista, pur ignorando gli slogan volgari e offensivi. Alla grottesca iniziativa “VinciSalvini”, che mette in palio una telefonata o un caffè col leader leghista, il popolo delle “balconiadi”, a Milano, ha contrapposto una singolare “Caccia al tesoro”: trovare le lenzuola da 1 a 49, tanti quanti sono i milioni di euro che la Lega deve restituire ai cittadini. Per Digos e Forze dell’ordine un’improba impresa rimuovere tutte quelle scritte! Se prevarrà un discutibile eccesso di zelo. Come a Palermo, dove un’insegnante è stata sanzionata per la ricerca dei suoi alunni sui diritti umani. Al tempo delle “leggi razziali” e oggi con i “decreti sicurezza”.

Come se non bastasse, il vicepremier leghista ha proposto un “decreto sicurezza bis”. A suscitare ulteriori tensioni e spaccature nel Paese. Con un attacco, non più tollerabile, nei confronti delle Ong. E di chi, nel rispetto delle norme internazionali, salva vite umane in mare. Forse, il ministro dell’Interno criminalizza la solidarietà per distogliere l’attenzione dai fallimenti di una politica astiosa e inconcludente. Quella che prometteva, una volta al Governo, di espellere dall’Italia clandestini e profughi in un mese.

I rimpatri, invece, sono fermi al palo. E, di recente, una sentenza della Corte di giustizia europea ha stabilito che nessuno può essere rimpatriato se nei Paesi d’origine rischia la vita. O teme d’essere perseguitato. Anche se non gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato. Il decreto “sicurezza bis”, tra le altre assurdità, prevede sanzioni da 3.500 euro a 5mila euro per ogni migrante salvato.  Le persone considerate merce. Una sorta di “riscatto degli schiavi”, come avveniva in tempi passati. E una multa da 20mila a 50mila euro per le navi umanitarie. Assieme alla revoca o alla sospensione della licenza.

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Un po’ di saggezza, ancora una volta, è venuta dai giovani. Una speranza per il Paese, se non saranno costretti a cercare il futuro altrove, all’estero. Nell’Aula di Montecitorio, nel giorno della memoria delle vittime di terrorismo, una studentessa liceale di Milano, Francesca, ha inchiodato le istituzioni alle loro responsabilità. Mostrando più senso civico di chi è pagato a rappresentare lo Stato “con disciplina e onore”, come recita la Costituzione. «Anche noi stiamo vivendo un momento particolarmente difficile della nostra storia repubblicana», ha detto. «I valori democratici fondanti la nostra convivenza paiono a volte essere messi in discussione, persino da chi riveste alte responsabilità di Governo». E ha aggiunto: «Parole e gesti violenti amplificati a dismisura dai social media, diffondono un clima di diffidenza e di odio nella società civile e mirano a screditare le istituzioni democratiche nazionali ed europee che sono nostre e che dovremmo imparare a tutelare e a difendere strenuamente per il bene di noi tutti».

Un baluardo di civiltà, le parole di Francesca, a tanto degrado etico della politica e della società, cui assistiamo ogni giorno. Dopo Torre Maura, un altro episodio ha “infangato” Roma. A Casal Bruciato, una famiglia rom è stata minacciata e insultata, per impedire loro di occupare la casa popolare che, legittimamente, era stata assegnata dal Comune. Ad alimentare la tensione, ancora una volta, i militanti di CasaPound. Tollerati dal ministro dell’Interno che, nel frattempo, pubblica un’intervista-biografia con Altaforte, loro editore. L’apice delle minacce a Casal Bruciato: “Ti stupro”, rivolto a una donna rom. Una rievocazione di quanto avvenuto, giorni prima, in una sede di CasaPound a Viterbo. Dove due militanti, davvero, una donna l’hanno stuprata.

A Casal Bruciato, onore al merito, tra i politici s’è distinta il sindaco di Roma, Virginia Raggi. L’unica che ha avuto il coraggio di sfidare le proteste e di stare accanto ai rom. «CasaPound specula sulla pelle di tutte le persone», ha detto. «E intanto occupa abusivamente un palazzo in pieno centro a Roma. Predica male e razzola ancora peggio. Non fatevi ingannare da questi imbroglioni. CasaPound deve rispettare le leggi dello Stato italiano. Nessuno può pensare di sostituirsi alle istituzioni».

Due gesti di vera umanità, poi, hanno stemperato il clima d’odio, in preoccupante crescita nel Paese. Papa Francesco ha ricevuto in udienza i rom di Casal Bruciato, Imer Omerovic e la moglie con la loro bimba, bosniaci musulmani, per giorni vittime delle aggressioni e dei pesanti insulti razzisti. S’è intrattenuto con loro, esortandoli a “resistere”. Le porte della Chiesa, ha aggiunto, sono sempre aperte, per qualsiasi necessità. Non s’è fatta attendere la protesta dei militanti di Forza Nuova. All’Angelus, domenica 12 maggio, nei pressi di piazza San Pietro, hanno esposto uno striscione: “Bergoglio come Badoglio. Stop immigrazione”. Come dare del “traditore” a papa Francesco.

L’altro gesto, ancor più clamoroso, quello del cardinale Konrad Krajewski. L’“elemosiniere” di papa Francesco, a sorpresa, s’è calato in un tombino e ha tolto i sigilli del contatore della luce di un palazzo di Roma, occupato da anni. Da sei giorni, quello stabile era privo di elettricità, per morosità nei pagamenti delle bollette. Un gesto “illegale”, che ha suscitato polemiche e insulti. A cominciare dal ministro Salvini, che ha invitato il Vaticano a pagare le bollette degli italiani in difficoltà. Per altri, invece, un “gesto d’amore”. Tra i 400 occupanti il palazzo, senza luce e acqua calda per una settimana, c’erano 98 bambini e diversi ammalati. Il cardinale polacco ha lasciato il suo biglietto da visita vicino al contatore, disposto a rendere conto del suo gesto.

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La Chiesa non gira mai lo sguardo altrove. Aiuta tutti, senza distinzioni. Nella riservatezza e con misericordia. Le mense della Caritas, ogni giorno, offrono pasti caldi a migliaia di poveri. Non in cambio di voti, ma in totale gratuità e disinteresse. Nella fedeltà al Vangelo, che ricorda: «L’uomo non è stato fatto per il sabato, ma il sabato è stato fatto per l’uomo». Il primato della persona. E dell’amore sulle norme. Chi sta per “annegare” va salvato, sempre e comunque. Non c’è legge che possa impedirlo. La vita umana non ha prezzo. Quel gesto del cardinale “elemosiniere”, Konrad Krajewski, avrebbero dovuto farlo le istituzioni. Ma anche ciascun cittadino. A maggior ragione chi ispira la propria vita al Vangelo.

È blasfemo, invece, ostentare il rosario e invocare la Madonnina e i santi patroni d’Europa, come ha fatto Salvini al comizio di Milano, se non c’è un briciolo di umanità per chi soffre. Ancora una volta, per diversi giorni, 47 migranti sono stati lasciati in balia del mare sulla Sea Watch, davanti a Lampedusa. Nel frattempo, in piazza Duomo i simpatizzanti del leader leghista fischiavano papa Francesco per i suoi inviti all’accoglienza. E la Digos toglieva da un balcone lo striscione che ricordava, semplicemente: “Restiamo umani”. Se questa è civiltà!

Antonio Sciortino

già direttore di Famiglia Cristiana e attualmente direttore di Vita Pastorale

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